Le Sezioni Unite della Suprema Corte partono dall’assunto che la ‘‘sospensione condizionale della pena’’ non rientri nella nozione di pena in senso retributivo e dunque, tanto piu`, l’eventuale violazione delle regole che sovraintendono la sua concessione, ed in particolare la violazione della necessaria subordinazione della stessa alle vincolanti prescrizioni terapeutiche, di cui al 5º comma, art. 165 c.p., non possa essere ritenuta una forma di illegalità della pena, ai fini dell’art. 448, comma 2º-bis, c.p.p. Tale ricostruzione non appare, però, corrispondente alla ‘‘reale’’ funzione che sembra aver assunto l’istituto, soprattutto con riguardo alle ipotesi di sospensione ‘‘con obblighi’’, che presenta un evidente carattere sanzionatorio-punitivo, essendo vincolante, generalizzato e per di più ora anche rafforzato dall’obbligatorio esito positivo della terapia, sotto condizione della sua revocabilità. Così più correttamente ricostruita la ratio dell’istituto non sembra possibile limitare il potere di ricorrere in Cassazione del P.M. nel caso di violazione di questa disciplina, soprattutto considerando l’alto tasso di recidiva che presentano i reati sessuali e relazionali per i quali essa è prevista.
L’esclusione della probation terapeutica dalla controversa nozione di pena illegale
Francesca Rocchi
2024-01-01
Abstract
Le Sezioni Unite della Suprema Corte partono dall’assunto che la ‘‘sospensione condizionale della pena’’ non rientri nella nozione di pena in senso retributivo e dunque, tanto piu`, l’eventuale violazione delle regole che sovraintendono la sua concessione, ed in particolare la violazione della necessaria subordinazione della stessa alle vincolanti prescrizioni terapeutiche, di cui al 5º comma, art. 165 c.p., non possa essere ritenuta una forma di illegalità della pena, ai fini dell’art. 448, comma 2º-bis, c.p.p. Tale ricostruzione non appare, però, corrispondente alla ‘‘reale’’ funzione che sembra aver assunto l’istituto, soprattutto con riguardo alle ipotesi di sospensione ‘‘con obblighi’’, che presenta un evidente carattere sanzionatorio-punitivo, essendo vincolante, generalizzato e per di più ora anche rafforzato dall’obbligatorio esito positivo della terapia, sotto condizione della sua revocabilità. Così più correttamente ricostruita la ratio dell’istituto non sembra possibile limitare il potere di ricorrere in Cassazione del P.M. nel caso di violazione di questa disciplina, soprattutto considerando l’alto tasso di recidiva che presentano i reati sessuali e relazionali per i quali essa è prevista.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.