La sentenza n. 275/2016 della Corte costituzionale riprende i temi che negli ultimi mesi, direttamente o per via traversa, hanno particolarmente ispirato la dottrina. Gli elettori, sul percorso di indebolimento del sistema dei diritti, hanno ribadito piuttosto fermamente una linea costituzionalista orientata alla loro realizzazione. Hanno difeso, in altre parole, gli interessi e i valori «perseguibili attraverso politiche pubbliche che necessariamente (anche sulla base di vincoli costituzionali) fanno capo agli organi di governo della collettività». Nel marzo 2014 il TAR Abruzzo solleva una questione di legittimità costituzionale su una disposizione di legge regionale relativa all’attuazione del diritto allo studio, limitatamente alla parte in cui l’erogazione effettiva del 50% della spesa rendicontata dalla Provincia di Pescara per la fornitura del servizio trasporto degli studenti disabili, riferita alle annualità 2006-2012, è ricondotta alla disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio. Essa, entrata in vigore nel 2004, interviene sulla precedente norma regionale del 1978 e connette l’effettiva erogabilità di quel 50% come percentuale certa delle somme documentate dalla Provincia, a situazioni incerte e future relative alle performances della gestione contabile del bilancio regionale. La forte differenza finanziaria sopra riferita avrebbe condotto, dice la Corte, a «un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto». Emerge così il nodo centrale del tema: la valutazione del legislatore cui sia affidato il bilanciamento fra garanzia dei diritti fondamentali e disponibilità di bilancio, potrebbe orientarsi verso una soluzione che intacca sensibilmente la prima. Si tratta, infatti, di beni comuni immateriali dei quali – in una prospettiva di superamento (o di rinuncia), forse, per via di presunte nuove congiunture politico-finanziarie nazionali o trans-nazionali –, secondo alcuni, potrebbe essere giunto il momento di fare a meno, o sui i quali sia diventato possibile e opportuno esercitare azioni di compressione e restringimento.

La difesa dei diritti fondamentali, beni comuni incomprimibili dello Stato sociale. In margine alla Sent. n. 275/2016 della Corte costituzionale

DI MARCO, Carlo
2017-01-01

Abstract

La sentenza n. 275/2016 della Corte costituzionale riprende i temi che negli ultimi mesi, direttamente o per via traversa, hanno particolarmente ispirato la dottrina. Gli elettori, sul percorso di indebolimento del sistema dei diritti, hanno ribadito piuttosto fermamente una linea costituzionalista orientata alla loro realizzazione. Hanno difeso, in altre parole, gli interessi e i valori «perseguibili attraverso politiche pubbliche che necessariamente (anche sulla base di vincoli costituzionali) fanno capo agli organi di governo della collettività». Nel marzo 2014 il TAR Abruzzo solleva una questione di legittimità costituzionale su una disposizione di legge regionale relativa all’attuazione del diritto allo studio, limitatamente alla parte in cui l’erogazione effettiva del 50% della spesa rendicontata dalla Provincia di Pescara per la fornitura del servizio trasporto degli studenti disabili, riferita alle annualità 2006-2012, è ricondotta alla disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio. Essa, entrata in vigore nel 2004, interviene sulla precedente norma regionale del 1978 e connette l’effettiva erogabilità di quel 50% come percentuale certa delle somme documentate dalla Provincia, a situazioni incerte e future relative alle performances della gestione contabile del bilancio regionale. La forte differenza finanziaria sopra riferita avrebbe condotto, dice la Corte, a «un indebitamento tale da comportare una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto». Emerge così il nodo centrale del tema: la valutazione del legislatore cui sia affidato il bilanciamento fra garanzia dei diritti fondamentali e disponibilità di bilancio, potrebbe orientarsi verso una soluzione che intacca sensibilmente la prima. Si tratta, infatti, di beni comuni immateriali dei quali – in una prospettiva di superamento (o di rinuncia), forse, per via di presunte nuove congiunture politico-finanziarie nazionali o trans-nazionali –, secondo alcuni, potrebbe essere giunto il momento di fare a meno, o sui i quali sia diventato possibile e opportuno esercitare azioni di compressione e restringimento.
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