L’opera di rinnovamento delle disposizioni in materia di filiazione contempla, fra le innumerevoli novità, il definitivo abbandono del concetto di “potestà” che viene sostituito con quello di “responsabilità genitoriale”. Tale modificazione, che ha suscitato qualche reazione contraria, non può considerarsi meramente terminologica, ma sembra confermare l’introduzione di un nuovo “sistema” che avvicina sempre più il modello delle relazioni familiari a quello del rapporto obbligatorio. La pregressa ritenuta inconciliabilità fra i suddetti modelli, fondata sulla non patrimonialità delle “prestazioni” che sono dovute in ambito familiare, appariva già superabile alla luce del disposto dell’art. 709 ter c.p.c,, introdotto nel 2006, ove si prevede la responsabilità del genitore “inadempiente” e la possibilità di agire con lo strumento risarcitorio; l’odierna formulazione, che rifiuta l’idea arcaica della potestà e sposta l’asse di osservazione dalle attribuzioni dei genitori ai diritti dei figli, appare confermativa del percorso. In tale ottica, si può ritenere il rapporto obbligatorio non molto distante da quello di filiazione: il genitore ha il dovere di perseguire l’interesse del minore, e le attribuzioni positive riconosciute al medesimo sono strumentali e finalizzate a tale realizzazione; di conseguenza, non appaiono lontani neppure i profili di responsabilità debitoria e responsabilità genitoriale, dato che anche quest’ultima si configura nel caso di mancato adempimento di un comportamento doveroso che può condurre, in virtù di espressa previsione legislativa, al risarcimento del danno. Il mutamento di prospettiva relativo alla relazione fra genitori e figli può fornire chiavi di lettura diverse anche con riferimento ad ipotesi più ampie rispetto alla mera analisi del loro rapporto, consentendo ulteriori riflessioni che attengono alla responsabilità dei genitori nei confronti dei terzi: convenendo sul punto che l’esenzione di responsabilità dei genitori per illeciti compiuti dai figli in danno di terzi si sostanzia nella prova di aver correttamente adempiuto agli obblighi di “cura” del minore, si potrà altresì sostenere che tale esenzione trova riscontro nel più generale criterio di imputazione eziologica fra condotta e danno, rispondendo al medesimo principio secondo cui il debitore deve rispondere solo dei danni che sono a lui imputabili.
DALLA “POTESTÀ” ALLA “RESPONSABILITÀ”: LA RINNOVATA VALENZA DELL’IMPEGNO GENITORIALE.
AMBROSINI, Lorena
2015-01-01
Abstract
L’opera di rinnovamento delle disposizioni in materia di filiazione contempla, fra le innumerevoli novità, il definitivo abbandono del concetto di “potestà” che viene sostituito con quello di “responsabilità genitoriale”. Tale modificazione, che ha suscitato qualche reazione contraria, non può considerarsi meramente terminologica, ma sembra confermare l’introduzione di un nuovo “sistema” che avvicina sempre più il modello delle relazioni familiari a quello del rapporto obbligatorio. La pregressa ritenuta inconciliabilità fra i suddetti modelli, fondata sulla non patrimonialità delle “prestazioni” che sono dovute in ambito familiare, appariva già superabile alla luce del disposto dell’art. 709 ter c.p.c,, introdotto nel 2006, ove si prevede la responsabilità del genitore “inadempiente” e la possibilità di agire con lo strumento risarcitorio; l’odierna formulazione, che rifiuta l’idea arcaica della potestà e sposta l’asse di osservazione dalle attribuzioni dei genitori ai diritti dei figli, appare confermativa del percorso. In tale ottica, si può ritenere il rapporto obbligatorio non molto distante da quello di filiazione: il genitore ha il dovere di perseguire l’interesse del minore, e le attribuzioni positive riconosciute al medesimo sono strumentali e finalizzate a tale realizzazione; di conseguenza, non appaiono lontani neppure i profili di responsabilità debitoria e responsabilità genitoriale, dato che anche quest’ultima si configura nel caso di mancato adempimento di un comportamento doveroso che può condurre, in virtù di espressa previsione legislativa, al risarcimento del danno. Il mutamento di prospettiva relativo alla relazione fra genitori e figli può fornire chiavi di lettura diverse anche con riferimento ad ipotesi più ampie rispetto alla mera analisi del loro rapporto, consentendo ulteriori riflessioni che attengono alla responsabilità dei genitori nei confronti dei terzi: convenendo sul punto che l’esenzione di responsabilità dei genitori per illeciti compiuti dai figli in danno di terzi si sostanzia nella prova di aver correttamente adempiuto agli obblighi di “cura” del minore, si potrà altresì sostenere che tale esenzione trova riscontro nel più generale criterio di imputazione eziologica fra condotta e danno, rispondendo al medesimo principio secondo cui il debitore deve rispondere solo dei danni che sono a lui imputabili.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.