La caratteristica principale dell'esperienza performativa è la "liminalità", come discussa da Van Gennep, Turner e Schechner. Ogni performance si sviluppa secondo una progressione che ripercorre più volte a più livelli le tre fasi del processo rituale (separazione, margine/limen, riaggregazione). Il soggetto impegnato nella performance sperimenta la "condizione liminale" caratteristica della fase intermedia del processo (con i suoi attributi di ambiguità, indeterminatezza, pericolo, potenzialità illimitata, ecc.). Una riformulazione in termini psicologico-psicanalitici della liminalità è offerta dallo psicologo inglese D.W. Winnicott, che studia, nella relazione del bambino con la madre, i primi processi da cui si avvia la formazione del Sé. Questi processi hanno a che fare con in formarsi della vita immaginativa e dell'esperienza culturale, e inaugurano uno "spazio potenziale" nel quale hanno luogo i "fenomeni transizionali" attraverso i quali il bambino impara a distinguere tra "me" e "non me", tra il puramente soggettivo e l'oggettività. Se si immagina una affinità di fondo tra fenomeni transizionali e liminalità rituale si aprono interessanti squarci di luce sulla natura psicofisica propria dell'esperienza performativa.

Un diverso stato di esperienza. Liminalità performativa e spazio potenziale

DERIU, Fabrizio
2004-01-01

Abstract

La caratteristica principale dell'esperienza performativa è la "liminalità", come discussa da Van Gennep, Turner e Schechner. Ogni performance si sviluppa secondo una progressione che ripercorre più volte a più livelli le tre fasi del processo rituale (separazione, margine/limen, riaggregazione). Il soggetto impegnato nella performance sperimenta la "condizione liminale" caratteristica della fase intermedia del processo (con i suoi attributi di ambiguità, indeterminatezza, pericolo, potenzialità illimitata, ecc.). Una riformulazione in termini psicologico-psicanalitici della liminalità è offerta dallo psicologo inglese D.W. Winnicott, che studia, nella relazione del bambino con la madre, i primi processi da cui si avvia la formazione del Sé. Questi processi hanno a che fare con in formarsi della vita immaginativa e dell'esperienza culturale, e inaugurano uno "spazio potenziale" nel quale hanno luogo i "fenomeni transizionali" attraverso i quali il bambino impara a distinguere tra "me" e "non me", tra il puramente soggettivo e l'oggettività. Se si immagina una affinità di fondo tra fenomeni transizionali e liminalità rituale si aprono interessanti squarci di luce sulla natura psicofisica propria dell'esperienza performativa.
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