La pubblicazione di una lettera inedita di Rodolfo De Mattei (un intellettuale riconosciuto tra i fondatori della storia delle dottrine politiche come disciplina autonoma) a Luigi Russo, direttore di “Belfagor” e figura di spicco nel panorama culturale dell’immediato dopoguerra, è l’occasione per ricostruire alcuni spetti meno conosciuta di una famosa polemica, condotta da Palmiro Togliatti nel 1946 contro Elio Vittorini, sul rapporto fra politica e cultura. Russo prende posizione a favore di Vittorini, anziché della figura “gesuitica” di Togliatti. Questo, nonostante un severo giudizio critico espresso sul letterato, ritenuto “uno scrittore senza patria”, perché troppo condizionato dalle letture americane. L’intervento di De Mattei è invece una presa di distanza non solo nei confronti di Vittorini, ma anche dello stesso Russo. Egli si dichiara sorpreso per il compiacimento destato in Russo dall’intervento di Vittorini; se ne meraviglia ricordando come un educatore, ed entrambi avrebbero dovuto interpretare la docenza universitaria in questo modo, non potesse accettare quelle che definisce “confessioni di estemporaneità”, prive del necessario travaglio. Rivelando inoltre una sua idea della vita associata in cui ognuno di noi deve rispondere “di quel che di sé opera sugli altri e cogli altri”.[...]

Dal mio mulino. Lettera aperta e mai pubblicata di Rodolfo De Mattei a Luigi Russo

NOTO, Adolfo
2004-01-01

Abstract

La pubblicazione di una lettera inedita di Rodolfo De Mattei (un intellettuale riconosciuto tra i fondatori della storia delle dottrine politiche come disciplina autonoma) a Luigi Russo, direttore di “Belfagor” e figura di spicco nel panorama culturale dell’immediato dopoguerra, è l’occasione per ricostruire alcuni spetti meno conosciuta di una famosa polemica, condotta da Palmiro Togliatti nel 1946 contro Elio Vittorini, sul rapporto fra politica e cultura. Russo prende posizione a favore di Vittorini, anziché della figura “gesuitica” di Togliatti. Questo, nonostante un severo giudizio critico espresso sul letterato, ritenuto “uno scrittore senza patria”, perché troppo condizionato dalle letture americane. L’intervento di De Mattei è invece una presa di distanza non solo nei confronti di Vittorini, ma anche dello stesso Russo. Egli si dichiara sorpreso per il compiacimento destato in Russo dall’intervento di Vittorini; se ne meraviglia ricordando come un educatore, ed entrambi avrebbero dovuto interpretare la docenza universitaria in questo modo, non potesse accettare quelle che definisce “confessioni di estemporaneità”, prive del necessario travaglio. Rivelando inoltre una sua idea della vita associata in cui ognuno di noi deve rispondere “di quel che di sé opera sugli altri e cogli altri”.[...]
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