La scelta tra la disponibilità del tempo di vita e del tempo di lavoro è un problema su cui si è focalizzata da tempo l’attenzione degli studiosi: di qui nascono numerose riflessioni intorno all’annosa questione della conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro. Secondo una definizione piuttosto condivisa in dottrina, essa consiste nell’esercizio combinato di due diritti fondamentali, solo in apparenza contrapposti: il diritto al lavoro e il diritto all’autodeterminazione. L’obiettivo dell’articolo è di analizzare la tematica in esame da una prospettiva nuova. Pur essendosi il legislatore, la giurisprudenza e la dottrina maggiormente concentrati sulle coppie con figli, siano esse eterosessuali o omosessuali, dovrebbe essere intrapreso un approccio maggiormente inclusivo delle esigenze conciliative delle persone in quanto tali, a prescindere dal proprio status familiare o dal proprio orientamento sessuale. Il fine ultimo è quello di concepire e far percepire la conciliazione come un vero e proprio diritto, fondamentale e inalienabile, spettante ad ogni individuo, tutelabile dinanzi alle Corti nazionali ed europee, in quanto correlato all’autodeterminazione e alla dignità delle persone stesse. Questa prospettiva è stata fatta propria dal legislatore europeo e da una sentenza di merito del Tribunale di Firenze nel 2019, che ha riconosciuto la conciliazione come diritto soggettivo. Configurandosi pertanto come tale, viene acclarato che la conciliazione possa e debba riguardare non solo la dimensione della coppia o genitoriale, ma la singola persona. L’individuazione, il riconoscimento e il soddisfacimento delle esigenze conciliative delle singole persone sono infatti fondamentali alla luce del principio di eguaglianza sostanziale, che presuppone una corresponsione di eguali diritti pur a fronte di situazioni diverse per garantire ad ognuno la possibilità di dare avere le stesse opportunità e possibilità di realizzare i propri desideri.
Conciliazione come diritto
Chiara Alberta Parisse
2021-01-01
Abstract
La scelta tra la disponibilità del tempo di vita e del tempo di lavoro è un problema su cui si è focalizzata da tempo l’attenzione degli studiosi: di qui nascono numerose riflessioni intorno all’annosa questione della conciliazione dei tempi di vita e dei tempi di lavoro. Secondo una definizione piuttosto condivisa in dottrina, essa consiste nell’esercizio combinato di due diritti fondamentali, solo in apparenza contrapposti: il diritto al lavoro e il diritto all’autodeterminazione. L’obiettivo dell’articolo è di analizzare la tematica in esame da una prospettiva nuova. Pur essendosi il legislatore, la giurisprudenza e la dottrina maggiormente concentrati sulle coppie con figli, siano esse eterosessuali o omosessuali, dovrebbe essere intrapreso un approccio maggiormente inclusivo delle esigenze conciliative delle persone in quanto tali, a prescindere dal proprio status familiare o dal proprio orientamento sessuale. Il fine ultimo è quello di concepire e far percepire la conciliazione come un vero e proprio diritto, fondamentale e inalienabile, spettante ad ogni individuo, tutelabile dinanzi alle Corti nazionali ed europee, in quanto correlato all’autodeterminazione e alla dignità delle persone stesse. Questa prospettiva è stata fatta propria dal legislatore europeo e da una sentenza di merito del Tribunale di Firenze nel 2019, che ha riconosciuto la conciliazione come diritto soggettivo. Configurandosi pertanto come tale, viene acclarato che la conciliazione possa e debba riguardare non solo la dimensione della coppia o genitoriale, ma la singola persona. L’individuazione, il riconoscimento e il soddisfacimento delle esigenze conciliative delle singole persone sono infatti fondamentali alla luce del principio di eguaglianza sostanziale, che presuppone una corresponsione di eguali diritti pur a fronte di situazioni diverse per garantire ad ognuno la possibilità di dare avere le stesse opportunità e possibilità di realizzare i propri desideri.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.