Una delle contromisure attivate a livello sovranazionale in seguito alla crisi economico-finanziaria è stata l’istituzione dell’Unione bancaria europea: un complesso e articolato sistema avente quale fine la riduzione del rischio sistemico per il tramite di una vigilanza accentrata sugli istituti bancari e di una nuova procedura di risoluzione degli enti in dissesto. Quest’ultima, introdotta con la Direttiva BRRD e il Regolamento SRM, è ispirata al principio dell’internalizzazione delle perdite: se in passato la regola seguita è stata quella del bail-out, ovvero del salvataggio delle banche attraverso il ricorso al denaro dei contribuenti, le disposizioni approvate nel 2014 introducono la regola del bail-in: ciò significa che le perdite di un istituto in dissesto devono essere sopportate in primo luogo dai creditori della banca, compresi i correntisti (ovvero titolari di depositi per somme superiori a centomila euro). Tale regola parrebbe porsi in contrasto con numerosi precetti contenuti nella Costituzione italiana, compreso quello espresso dall’art. 47, comma 1, a norma del quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». Infatti, se da un lato parrebbe ragionevole addossare le perdite della banca ad azionisti ed obbligazionisti, i quali possono essere considerati investitori consapevoli del rischio assunto nel momento dell’acquisto del titolo, dall’altro lato, non essendo il semplice deposito bancario una forma rischiosa di investimento, far sopportare le perdite anche ai correntisti determinerebbe una compromissione del principio della tutela del risparmio. Pertanto, la tutela del risparmio potrebbe configurarsi come controlimite all’applicazione delle norme europee in materia di risoluzione degli enti in dissesto. Tale tutela è indissolubilmente legata alla dimensione sociale che emerge dalla Carta costituzionale italiana: dimensione, questa, che rappresenta il valore sotteso al medesimo art. 47, oltre che a numerose altre disposizione contenute nella Carta costituzionale. Infatti, come si evince dallo stesso dibattito svoltosi in Assemblea costituente, la tutela del risparmio non mira a salvaguardare il mero (e statico) accantonamento di risorse, ma ha lo scopo di garantire, attraverso l’inserimento delle medesime nel ciclo economico, una equa distribuzione della proprietà e l’esercizio della libertà di intrapresa economica. Obiettivi che non potrebbero certo essere vanificati dalla normativa approvata in sede europea.
La tutela del risparmio quale controlimite all'applicazione delle norme europee in materia di risoluzione delle crisi bancarie
omar makimov pallotta
2021-01-01
Abstract
Una delle contromisure attivate a livello sovranazionale in seguito alla crisi economico-finanziaria è stata l’istituzione dell’Unione bancaria europea: un complesso e articolato sistema avente quale fine la riduzione del rischio sistemico per il tramite di una vigilanza accentrata sugli istituti bancari e di una nuova procedura di risoluzione degli enti in dissesto. Quest’ultima, introdotta con la Direttiva BRRD e il Regolamento SRM, è ispirata al principio dell’internalizzazione delle perdite: se in passato la regola seguita è stata quella del bail-out, ovvero del salvataggio delle banche attraverso il ricorso al denaro dei contribuenti, le disposizioni approvate nel 2014 introducono la regola del bail-in: ciò significa che le perdite di un istituto in dissesto devono essere sopportate in primo luogo dai creditori della banca, compresi i correntisti (ovvero titolari di depositi per somme superiori a centomila euro). Tale regola parrebbe porsi in contrasto con numerosi precetti contenuti nella Costituzione italiana, compreso quello espresso dall’art. 47, comma 1, a norma del quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». Infatti, se da un lato parrebbe ragionevole addossare le perdite della banca ad azionisti ed obbligazionisti, i quali possono essere considerati investitori consapevoli del rischio assunto nel momento dell’acquisto del titolo, dall’altro lato, non essendo il semplice deposito bancario una forma rischiosa di investimento, far sopportare le perdite anche ai correntisti determinerebbe una compromissione del principio della tutela del risparmio. Pertanto, la tutela del risparmio potrebbe configurarsi come controlimite all’applicazione delle norme europee in materia di risoluzione degli enti in dissesto. Tale tutela è indissolubilmente legata alla dimensione sociale che emerge dalla Carta costituzionale italiana: dimensione, questa, che rappresenta il valore sotteso al medesimo art. 47, oltre che a numerose altre disposizione contenute nella Carta costituzionale. Infatti, come si evince dallo stesso dibattito svoltosi in Assemblea costituente, la tutela del risparmio non mira a salvaguardare il mero (e statico) accantonamento di risorse, ma ha lo scopo di garantire, attraverso l’inserimento delle medesime nel ciclo economico, una equa distribuzione della proprietà e l’esercizio della libertà di intrapresa economica. Obiettivi che non potrebbero certo essere vanificati dalla normativa approvata in sede europea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.