The essay examines Beccaria’s fortune in the Kingdom of Naples, a field of studies that have been growing since 2014, the year that marked the 250th anniversary of the publication of Dei delitti e delle pene. Among the polemical writings against Beccarian conceptions on the abolition of torture and the death penalty, particularly important was the volume, published anonymously, but written by the Abruzzese Antonio Silla, entitled Il diritto di punire o sia risposta al Trattato deʼ Diritti e delle Pene (Naples, 1772), which joined the complaints already expressed by the monk of Forlì Ferdinando Facchinei in his Note e osservazioni printed in Venice in 1765. If Facchinei’s goal had been mainly that of strongly reaffirming not only the centrality and the leading role of the Catholic religion within society, but also its superiority over political power, Silla’s refutation stood out, instead, for its position in defense of the absolute monarchy of divine right and of religion as a valid support for its security and conservation, as capable, that is, of inculcating in the subjects the duty of absolute obedience towards the sovereign. The Abruzzese writer, indeed, opposing the beccarian theses on the origin of society, which could have engendered in the people the conviction of considering themselves the true and sole owner of sovereignty, resolutely denied that the social contract could imply a limitation of the power of the State and that the subjects could claim all kinds of rights. At the end of his dissertation Silla reiterated his ideas on the divine origin of the right to punish sovereigns, on the inseparability between human and divine justice, and on the inflexible application of penalties, even without renouncing to exercise “rigor” and “atrocity”, thus underlining his distance from the Milanese writer

Il saggio s’inserisce tra gli studi sulla fortuna di Beccaria nel Regno di Napoli, alimentati negli ultimi anni dalla ricorrenza, nel 2014, del 250° anniversario della pubblicazione del Dei Delitti e delle pene. Tra gli scritti polemici contro le concezioni beccariane sullʼabolizione della tortura e della pena di morte un rilievo critico particolare ebbe il volume, pubblicato anonimo, ma scritto dall’abruzzese Antonio Silla, dal titolo Il diritto di punire o sia risposta al Trattato deʼ Diritti e delle Pene (Napoli, 1772) che si affiancò alle censure già espresse dal monaco forlivese Ferdinando Facchinei nelle sue Note ed osservazioni date alle stampe a Venezia nel 1765. Se l’obiettivo di Facchinei era stato prevalentemente quello di ribadire con forza non solo la centralità della religione cattolica in seno alla società e il suo ruolo di guida, ma anche la sua superiorità nei confronti del potere politico, la confutazione di Silla si contraddistinse, invece, per la sua posizione a difesa della monarchia assoluta di diritto divino e della religione quale valido sostegno della sua sicurezza e conservazione, in quanto capace di inculcare nei sudditi il dovere di obbedienza assoluta verso il sovrano. Lo scrittore abruzzese, infatti, opponendosi alle tesi beccariane sull’origine contrattualistica della società che avrebbero potuto ingenerare nel popolo la convinzione di ritenersi il vero e unico titolare della sovranità, negò risolutamente che il contratto potesse implicare una limitazione del potere dello Stato e che i sudditi potessero accampare ogni genere di diritto. A conclusione della sua dissertazione Silla ribadì le proprie idee sullʼorigine divina del diritto di punire dei sovrani, sulla inscindibilità tra giustizia umana e giustizia divina e sulla inflessibile applicazione delle pene, senza per nulla rinunciare al «rigore» e allʼ«atrocità», rimarcando tutta la propria distanza dalla scrittore milanese.

Un anonimo confutatore di Beccaria: Antonio Silla

Fabio Di Giannatale
2021-01-01

Abstract

The essay examines Beccaria’s fortune in the Kingdom of Naples, a field of studies that have been growing since 2014, the year that marked the 250th anniversary of the publication of Dei delitti e delle pene. Among the polemical writings against Beccarian conceptions on the abolition of torture and the death penalty, particularly important was the volume, published anonymously, but written by the Abruzzese Antonio Silla, entitled Il diritto di punire o sia risposta al Trattato deʼ Diritti e delle Pene (Naples, 1772), which joined the complaints already expressed by the monk of Forlì Ferdinando Facchinei in his Note e osservazioni printed in Venice in 1765. If Facchinei’s goal had been mainly that of strongly reaffirming not only the centrality and the leading role of the Catholic religion within society, but also its superiority over political power, Silla’s refutation stood out, instead, for its position in defense of the absolute monarchy of divine right and of religion as a valid support for its security and conservation, as capable, that is, of inculcating in the subjects the duty of absolute obedience towards the sovereign. The Abruzzese writer, indeed, opposing the beccarian theses on the origin of society, which could have engendered in the people the conviction of considering themselves the true and sole owner of sovereignty, resolutely denied that the social contract could imply a limitation of the power of the State and that the subjects could claim all kinds of rights. At the end of his dissertation Silla reiterated his ideas on the divine origin of the right to punish sovereigns, on the inseparability between human and divine justice, and on the inflexible application of penalties, even without renouncing to exercise “rigor” and “atrocity”, thus underlining his distance from the Milanese writer
2021
Il saggio s’inserisce tra gli studi sulla fortuna di Beccaria nel Regno di Napoli, alimentati negli ultimi anni dalla ricorrenza, nel 2014, del 250° anniversario della pubblicazione del Dei Delitti e delle pene. Tra gli scritti polemici contro le concezioni beccariane sullʼabolizione della tortura e della pena di morte un rilievo critico particolare ebbe il volume, pubblicato anonimo, ma scritto dall’abruzzese Antonio Silla, dal titolo Il diritto di punire o sia risposta al Trattato deʼ Diritti e delle Pene (Napoli, 1772) che si affiancò alle censure già espresse dal monaco forlivese Ferdinando Facchinei nelle sue Note ed osservazioni date alle stampe a Venezia nel 1765. Se l’obiettivo di Facchinei era stato prevalentemente quello di ribadire con forza non solo la centralità della religione cattolica in seno alla società e il suo ruolo di guida, ma anche la sua superiorità nei confronti del potere politico, la confutazione di Silla si contraddistinse, invece, per la sua posizione a difesa della monarchia assoluta di diritto divino e della religione quale valido sostegno della sua sicurezza e conservazione, in quanto capace di inculcare nei sudditi il dovere di obbedienza assoluta verso il sovrano. Lo scrittore abruzzese, infatti, opponendosi alle tesi beccariane sull’origine contrattualistica della società che avrebbero potuto ingenerare nel popolo la convinzione di ritenersi il vero e unico titolare della sovranità, negò risolutamente che il contratto potesse implicare una limitazione del potere dello Stato e che i sudditi potessero accampare ogni genere di diritto. A conclusione della sua dissertazione Silla ribadì le proprie idee sullʼorigine divina del diritto di punire dei sovrani, sulla inscindibilità tra giustizia umana e giustizia divina e sulla inflessibile applicazione delle pene, senza per nulla rinunciare al «rigore» e allʼ«atrocità», rimarcando tutta la propria distanza dalla scrittore milanese.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/116376
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