L’Accademia nazionale virgiliana di scienze lettere e arti di Mantova possiede un autografo di Gioachino Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Passy, 13 novembre 1868). Si tratta di alcuni fogli di partitura per soprano basso, coro a cinque voci e quartetto d’archi contenenti due recitativi composti per divenire parte della cantata Giovanna d’Arco (1845) del mantovano Lucio Campiani, ai tempi in cui questi studiava al Liceo musicale di Bologna, dove Rossini ricopriva il ruolo di Consulente onorario perpetuo. Le pagine autografe rossiniane furono incluse nella composizione del giovane liceale che in seguito (1900), estrapolandole dal resto della partitura, le donò all’allora Reale Accademia Virgiliana. Ben lungi dall’essere un semplice cimelio, questo documento musicale sollecita riflessioni plurime. In quanto omaggio di un accademico, e dunque segno di ossequio nei confronti dell’istituzione, il manoscritto richiede di essere decodificato nelle sue varie accezioni musicali, archivistiche, storiche e simboliche, nonché nelle trasformazioni di senso alle quali fu soggetto nel tempo. Il frammento musicale, dopo essere stato concepito in un contesto formativo, a distanza di undici lustri, è divenuto un oggetto degno di culto in sé, a prescindere dai suoi contenuti e dalla sua funzione originaria. Durante quel mezzo secolo la situazione politica italiana era profondamente cambiata e la città di Mantova, dopo un periodo di lacerante divisione, era entrata a far parte dell’Italia unita, condividendo le nuove coordinate culturali e identitarie anche tramite la celebrazione dei padri della patria e della città. Campiani, longevo e attivissimo, aveva attraversato queste trasformazioni da infaticabile e sobrio protagonista, portatore di un valore aggiunto: la sua conoscenza diretta e non episodica di Rossini, emblema dell’Italia unificata. Quell’autografo rossiniano, che Campiani scelse di donare all’Accademia, diviene dunque, alla luce della distanza storica, un messaggio pluristratificato: esemplifica quali peripezie possano coinvolgere un documento musicale, racchiude elementi sulla trasformazione dei sistemi formativi musicali italiani tra Ottocento e primo Novecento, evoca il processo di monumentalizzazione dei grandi italiani, ma anche la necessità di dotare la nazione di solide radici sociali e culturali.

L’autografo di Rossini per Campiani: da pagina didattica a cimelio

Besutti P.
2018-01-01

Abstract

L’Accademia nazionale virgiliana di scienze lettere e arti di Mantova possiede un autografo di Gioachino Rossini (Pesaro, 29 febbraio 1792 – Passy, 13 novembre 1868). Si tratta di alcuni fogli di partitura per soprano basso, coro a cinque voci e quartetto d’archi contenenti due recitativi composti per divenire parte della cantata Giovanna d’Arco (1845) del mantovano Lucio Campiani, ai tempi in cui questi studiava al Liceo musicale di Bologna, dove Rossini ricopriva il ruolo di Consulente onorario perpetuo. Le pagine autografe rossiniane furono incluse nella composizione del giovane liceale che in seguito (1900), estrapolandole dal resto della partitura, le donò all’allora Reale Accademia Virgiliana. Ben lungi dall’essere un semplice cimelio, questo documento musicale sollecita riflessioni plurime. In quanto omaggio di un accademico, e dunque segno di ossequio nei confronti dell’istituzione, il manoscritto richiede di essere decodificato nelle sue varie accezioni musicali, archivistiche, storiche e simboliche, nonché nelle trasformazioni di senso alle quali fu soggetto nel tempo. Il frammento musicale, dopo essere stato concepito in un contesto formativo, a distanza di undici lustri, è divenuto un oggetto degno di culto in sé, a prescindere dai suoi contenuti e dalla sua funzione originaria. Durante quel mezzo secolo la situazione politica italiana era profondamente cambiata e la città di Mantova, dopo un periodo di lacerante divisione, era entrata a far parte dell’Italia unita, condividendo le nuove coordinate culturali e identitarie anche tramite la celebrazione dei padri della patria e della città. Campiani, longevo e attivissimo, aveva attraversato queste trasformazioni da infaticabile e sobrio protagonista, portatore di un valore aggiunto: la sua conoscenza diretta e non episodica di Rossini, emblema dell’Italia unificata. Quell’autografo rossiniano, che Campiani scelse di donare all’Accademia, diviene dunque, alla luce della distanza storica, un messaggio pluristratificato: esemplifica quali peripezie possano coinvolgere un documento musicale, racchiude elementi sulla trasformazione dei sistemi formativi musicali italiani tra Ottocento e primo Novecento, evoca il processo di monumentalizzazione dei grandi italiani, ma anche la necessità di dotare la nazione di solide radici sociali e culturali.
File in questo prodotto:
Non ci sono file associati a questo prodotto.

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/108676
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact