The essay intends to clarify whether and to what extent, in the Italian legal system, public sector jobs are reserved for nationals or not, to reflect on the origin and foundation of such a rule and to check whether it still has a justification in the current legal and institutional context. The analysis of the normative development in this filed shows that the decisive boost to overcoming the reserve came from the European Union legal system, specifically from the principle of free movement of workers. The European Court of Justice enforced this principle in an increasingly large way, with the result of reducing the scope of public employment reserved for nationals. First, only nationals of Member States got to non-reserved public sector jobs, later also some categories of Third Country nationals did. Part of Italian jurisprudence opens the sector to all Third Country nationals, without distinction, in the interests of equal treatment between Italian and foreign workers and of non-discrimination on the grounds of nationality. The Author sees in the current regulations reasons of constitutional illegitimacy and hopes that the legislator remove them, treating equally the different categories of aliens (European and non-European) as regards access to public sector jobs not reserved for nationals.

Il saggio intende chiarire se e in che misura nell’ordinamento giuridico italiano l’accesso ai posti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni sia riservato ai cittadini italiani, riflettere su origini e fondamento di tale regola e verificare se essa abbia ancora ragion d’essere nell’attuale contesto giuridico-istituzionale. Dall’analisi dell’evoluzione normativa in materia risulta che la spinta decisiva al superamento della riserva è giunta dall’ordinamento dell’Unione europea, per effetto del principio della libera circolazione dei lavoratori, applicato in maniera sempre più estensiva dalla Corte di Giustizia, con il risultato di restringere l’ambito del lavoro pubblico riservato ai nazionali. Agli impieghi pubblici non riservati sono stati ammessi dapprima solo i cittadini degli Stati membri, poi anche alcune categorie di cittadini di Paesi terzi. Una parte della giurisprudenza italiana apre il settore a tutti i cittadini extraeuropei, senza distinzioni, in nome del principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e stranieri e del divieto di discriminazione sulla base della nazionalità. L’Autrice scorge nella disciplina vigente possibili profili di illegittimità costituzionale ed auspica un intervento del legislatore volto a superarli, attraverso la piena equiparazione delle diverse categorie di stranieri (europei e non) ai fini dell’accesso ai posti di lavoro pubblico non riservati ai nazionali.

L'accesso degli stranieri al lavoro nelle pubbliche amministrazioni

Simona D'Antonio
2020-01-01

Abstract

The essay intends to clarify whether and to what extent, in the Italian legal system, public sector jobs are reserved for nationals or not, to reflect on the origin and foundation of such a rule and to check whether it still has a justification in the current legal and institutional context. The analysis of the normative development in this filed shows that the decisive boost to overcoming the reserve came from the European Union legal system, specifically from the principle of free movement of workers. The European Court of Justice enforced this principle in an increasingly large way, with the result of reducing the scope of public employment reserved for nationals. First, only nationals of Member States got to non-reserved public sector jobs, later also some categories of Third Country nationals did. Part of Italian jurisprudence opens the sector to all Third Country nationals, without distinction, in the interests of equal treatment between Italian and foreign workers and of non-discrimination on the grounds of nationality. The Author sees in the current regulations reasons of constitutional illegitimacy and hopes that the legislator remove them, treating equally the different categories of aliens (European and non-European) as regards access to public sector jobs not reserved for nationals.
2020
Il saggio intende chiarire se e in che misura nell’ordinamento giuridico italiano l’accesso ai posti di lavoro nelle pubbliche amministrazioni sia riservato ai cittadini italiani, riflettere su origini e fondamento di tale regola e verificare se essa abbia ancora ragion d’essere nell’attuale contesto giuridico-istituzionale. Dall’analisi dell’evoluzione normativa in materia risulta che la spinta decisiva al superamento della riserva è giunta dall’ordinamento dell’Unione europea, per effetto del principio della libera circolazione dei lavoratori, applicato in maniera sempre più estensiva dalla Corte di Giustizia, con il risultato di restringere l’ambito del lavoro pubblico riservato ai nazionali. Agli impieghi pubblici non riservati sono stati ammessi dapprima solo i cittadini degli Stati membri, poi anche alcune categorie di cittadini di Paesi terzi. Una parte della giurisprudenza italiana apre il settore a tutti i cittadini extraeuropei, senza distinzioni, in nome del principio di parità di trattamento tra lavoratori italiani e stranieri e del divieto di discriminazione sulla base della nazionalità. L’Autrice scorge nella disciplina vigente possibili profili di illegittimità costituzionale ed auspica un intervento del legislatore volto a superarli, attraverso la piena equiparazione delle diverse categorie di stranieri (europei e non) ai fini dell’accesso ai posti di lavoro pubblico non riservati ai nazionali.
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