Nel saggio ci si concentra sul rapporto tra Louis Hjelmslev e Umberto Eco a partire dai due temi (i) dell’immanenza e (ii) del realismo. (i) Eco teorizza uno strutturalismo metodologico (in opposizione allo strut- turalismo ontologico) in linea con l’impostazione epistemologica della glossematica (La struttura assente, 1968). Tuttavia successivamente non sviluppa una metodologia semiotica basata su questa epistemologia, ma prende un’altra strada che viene presentata nella prima parte del Trattato di semiotica generale (1975): nell’elaborare una teoria semantica, Eco tenta di far convergere la semantica strutturale di Hjelmslev con la teoria degli interpretanti di Peirce. Questa proposta, che viene ripresentata in modo più approfondito in Semiotica e filosofia del linguaggio (1984), è assai problematica poiché sia nella concezione del significato (semantica a interpretanti) sia nel metodo di analisi (modello locale a istruzioni in for- mato enciclopedico) vengono meno i principi basilari della teoria di Hjelmslev (soprattutto il principio di immanenza, ma anche l’uso di un metalinguaggio interdefinito, ecc.). L’ipotesi che si prova a sostenere nel saggio è che questa “deviazione” da Hjelmslev costituisca una criticità. (ii) Nel sostenere il suo “realismo negativo”, o “realismo minimo”, Eco usa la teoria degli strati di Hjelmslev (Kant e l’ornitorinco, 1997). In questo caso l’ipotesi che si intende sostenere nel saggio è che Eco utilizzi Hjelmslev in modo coerente ed efficace, e che anzi sia possibile utilizzare la teoria degli strati di Hjelmslev per rendere ancora più solida l’argomen- tazione di Eco.

Eco lettore di Hjelmslev, tra occasioni mancate e mosse vincenti

Traini Stefano
2017-01-01

Abstract

Nel saggio ci si concentra sul rapporto tra Louis Hjelmslev e Umberto Eco a partire dai due temi (i) dell’immanenza e (ii) del realismo. (i) Eco teorizza uno strutturalismo metodologico (in opposizione allo strut- turalismo ontologico) in linea con l’impostazione epistemologica della glossematica (La struttura assente, 1968). Tuttavia successivamente non sviluppa una metodologia semiotica basata su questa epistemologia, ma prende un’altra strada che viene presentata nella prima parte del Trattato di semiotica generale (1975): nell’elaborare una teoria semantica, Eco tenta di far convergere la semantica strutturale di Hjelmslev con la teoria degli interpretanti di Peirce. Questa proposta, che viene ripresentata in modo più approfondito in Semiotica e filosofia del linguaggio (1984), è assai problematica poiché sia nella concezione del significato (semantica a interpretanti) sia nel metodo di analisi (modello locale a istruzioni in for- mato enciclopedico) vengono meno i principi basilari della teoria di Hjelmslev (soprattutto il principio di immanenza, ma anche l’uso di un metalinguaggio interdefinito, ecc.). L’ipotesi che si prova a sostenere nel saggio è che questa “deviazione” da Hjelmslev costituisca una criticità. (ii) Nel sostenere il suo “realismo negativo”, o “realismo minimo”, Eco usa la teoria degli strati di Hjelmslev (Kant e l’ornitorinco, 1997). In questo caso l’ipotesi che si intende sostenere nel saggio è che Eco utilizzi Hjelmslev in modo coerente ed efficace, e che anzi sia possibile utilizzare la teoria degli strati di Hjelmslev per rendere ancora più solida l’argomen- tazione di Eco.
2017
979-10-96436-01-9
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