All’interno della vasta produzione dottrinale di Hans Kelsen va sicuramente annoverata la riflessione sulla forma di governo democratica. In essa, ciò che caratterizza il modello politico-istituzionale democratico non è tanto il richiamo a valori e principi identificativi, quanto il complesso sistema di procedure, regole, equilibri di potere, meccanismi di raccolta e formazione del consenso, dialettica pluralista delle posizioni, ecc., che – in modo precedentemente determinato ed osservabile - presiedono al processo di formazione della volontà popolare ed al suo conseguente legittimo esplicarsi in azione di governo. In questa prospettiva la democrazia appare, sul piano materiale, come un articolato contenitore di istanze, punti di vista, soggetti politici, tutti ugualmente ammessi al confronto grazie a regole e procedure paritetiche che trovano poi nel parlamento, sul piano istituzionale, l’organo tecnico sociale finalizzato alla produzione dell’ordinamento statale, grazie alla sua funzione legislativa. All’interno di questa impostazione si colloca l’elemento di relativismo politico che per Kelsen caratterizzerebbe il sistema democratico. La democrazia rimanda infatti a quel gioco di confronto continuo di valutazioni e posizioni tipico di chi, ritenendo inaccessibili alla conoscenza dell’uomo verità e valori assoluti, giudica, in linea di principio, ugualmente possibili tutte le diverse opinioni. Il risultato finale è pertanto l’elaborazione di un modello relativistico di democrazia, sicché, rispetto al problema della fondazione e della sussistenza di un possibile bene comune, il carattere metodico e procedurale della teoria democratica di Kelsen è riassumibile in questa considerazione: non c’è qualcosa come un bene comune, e in sua assenza si può solo mediare fra una pluralità di valori posti a confronto. Ed a maggior ragione, quanto più l’idea di una verità universale o di un bene comune si allontanano dall’orizzonte della politica della società del ventesimo secolo, differenziata e pluralista, tanto più ne risulterebbe rafforzato un modello democratico in chiave procedurale, che configura la democrazia come una forma della politica, all’interno della quale si manifesta il libero gioco dei contenuti politici particolari, indifferentemente dalla loro specificità.

Hans Kelsen: forma democratica e problema del "bene comune"

CASERTA, Marco
2016-01-01

Abstract

All’interno della vasta produzione dottrinale di Hans Kelsen va sicuramente annoverata la riflessione sulla forma di governo democratica. In essa, ciò che caratterizza il modello politico-istituzionale democratico non è tanto il richiamo a valori e principi identificativi, quanto il complesso sistema di procedure, regole, equilibri di potere, meccanismi di raccolta e formazione del consenso, dialettica pluralista delle posizioni, ecc., che – in modo precedentemente determinato ed osservabile - presiedono al processo di formazione della volontà popolare ed al suo conseguente legittimo esplicarsi in azione di governo. In questa prospettiva la democrazia appare, sul piano materiale, come un articolato contenitore di istanze, punti di vista, soggetti politici, tutti ugualmente ammessi al confronto grazie a regole e procedure paritetiche che trovano poi nel parlamento, sul piano istituzionale, l’organo tecnico sociale finalizzato alla produzione dell’ordinamento statale, grazie alla sua funzione legislativa. All’interno di questa impostazione si colloca l’elemento di relativismo politico che per Kelsen caratterizzerebbe il sistema democratico. La democrazia rimanda infatti a quel gioco di confronto continuo di valutazioni e posizioni tipico di chi, ritenendo inaccessibili alla conoscenza dell’uomo verità e valori assoluti, giudica, in linea di principio, ugualmente possibili tutte le diverse opinioni. Il risultato finale è pertanto l’elaborazione di un modello relativistico di democrazia, sicché, rispetto al problema della fondazione e della sussistenza di un possibile bene comune, il carattere metodico e procedurale della teoria democratica di Kelsen è riassumibile in questa considerazione: non c’è qualcosa come un bene comune, e in sua assenza si può solo mediare fra una pluralità di valori posti a confronto. Ed a maggior ragione, quanto più l’idea di una verità universale o di un bene comune si allontanano dall’orizzonte della politica della società del ventesimo secolo, differenziata e pluralista, tanto più ne risulterebbe rafforzato un modello democratico in chiave procedurale, che configura la democrazia come una forma della politica, all’interno della quale si manifesta il libero gioco dei contenuti politici particolari, indifferentemente dalla loro specificità.
2016
978-88-255-0155-1
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