La dottrina civilistica è solita configurare l'autonomia negoziale privata come la situazione di potere attribuita al singolo di determinarsi liberamente disponendo dei propri interessi, acquistando o alienando beni patrimoniali o assumendo obbligazioni.Tuttavia detto concetto, cristallizzato nel suo significato minimo di esplicazione di un potere, ha assunto significati e valenze differenti riguardo ai diversi momenti storici in cui è collocato. Se per quanto concerne il diritto civile le ideologie giusnaturalistiche prima e liberiste poi hanno riconosciuto, sia pure in varia misura, come espressione dell'uomo o dei mercati la possibilità di autodeterminarsi liberamente in materia societaria l'esercizio dell'autonomia privata, soprattutto per quanto concerne le formazioni societarie di maggior rilievo economico, è sempre stata compressa ed incanalata in argini stretti e ben definiti. A condizionare la diversità dell’evoluzione delle due figure contrattuali è stato in realtà il differente influsso che il contratto di società ha sui rapporti giudici con riguardo alla maggior complessità degli interessi coinvolti ed alla maggior rilevanza fattuale che indubbiamente caratterizza l’attività rispetto all’atto. E’ sembrato pertanto opportuno, per la sicurezza dei traffici commerciali, che l’attività di impresa fosse variamente autorizzata e/o controllata.Recentemente, a seguito della riforma del diritto societario, nonché dell’affermarsi anche nella dottrina italiana delle tesi che si richiamano alla nexus of contract ed all’analisi economica del diritto, si è assistito ad una maggior attenzione verso i problemi legati all’autonomia privata dei soci. Pertanto, l’idea che le società di capitali dovessero esser governate da un buon numero di norme imperative è stata progressivamente messa in discussione, pur rimanendo sempre aperto l’immanente problema del grado di imperatività che il diritto societario deve avere.L’Autore in questo scritto ha indirizzato la propria indagine sulle categorie generali tradizionalmente utilizzate dalla dottrina e dalla giurisprudenza al fine di limitare l’autonomia privata, nella convinzione che anche in futuro non si potrà prescindere dall’analisi dei fondamenti che (da sempre) caratterizzano la materia.In questa prospettiva una particolare attenzione è stata riservata all’analisi della personalità giuridica, all’analisi dei tipi societari e alla applicazione fatta dalla giurisprudenza della clausola generale dell’ordine pubblico.Accantonata ogni indagine sulla contrarietà al buon costume, perché di scarsa incidenza sul fenomeno societario, la ricerca si è soffermata sull’analisi delle norme imperative e sulla contrarietà all’ordine pubblico.Per quanto concerne le norme imperative, la trattazione è stata suddivisa in due differenti capitoli al fine di analizzare separatamente i diversi aspetti: quello delle norme imperative “proibitive” e quella delle norme imperative di “configurazione”.Con le norme imperative proibitive l’ordinamento tutela l’equilibrio contrattuale. Le norme imperative proibitive sono gli “argini” che l’ordinamento erige nei confronti dell’autonomia privata a tutela di interessi ritenuti fondamentali e la cui violazione è di norma sanzionata con la nullità. Le norme imperative proibitive hanno pertanto lo scopo di garantire la realizzazione sostanziale della libertà negoziale evitando in tal modo che la parte economicamente o contrattualmente più forte possa condizionare il contratto nel suo aspetto funzionale: quale strumento cioè di disciplina e di contemperamento dei contrapposti interessi delle parti.Le norme imperative di configurazione, pur collocandosi anche esse nell’ambito delle norme imperative, in quanto inderogabili, si differenziano dalle precedenti perché la loro funzione [...]

Le limitazioni all'autonomia privata nelle società di capitali

GIORDANO, Domenico
2006-01-01

Abstract

La dottrina civilistica è solita configurare l'autonomia negoziale privata come la situazione di potere attribuita al singolo di determinarsi liberamente disponendo dei propri interessi, acquistando o alienando beni patrimoniali o assumendo obbligazioni.Tuttavia detto concetto, cristallizzato nel suo significato minimo di esplicazione di un potere, ha assunto significati e valenze differenti riguardo ai diversi momenti storici in cui è collocato. Se per quanto concerne il diritto civile le ideologie giusnaturalistiche prima e liberiste poi hanno riconosciuto, sia pure in varia misura, come espressione dell'uomo o dei mercati la possibilità di autodeterminarsi liberamente in materia societaria l'esercizio dell'autonomia privata, soprattutto per quanto concerne le formazioni societarie di maggior rilievo economico, è sempre stata compressa ed incanalata in argini stretti e ben definiti. A condizionare la diversità dell’evoluzione delle due figure contrattuali è stato in realtà il differente influsso che il contratto di società ha sui rapporti giudici con riguardo alla maggior complessità degli interessi coinvolti ed alla maggior rilevanza fattuale che indubbiamente caratterizza l’attività rispetto all’atto. E’ sembrato pertanto opportuno, per la sicurezza dei traffici commerciali, che l’attività di impresa fosse variamente autorizzata e/o controllata.Recentemente, a seguito della riforma del diritto societario, nonché dell’affermarsi anche nella dottrina italiana delle tesi che si richiamano alla nexus of contract ed all’analisi economica del diritto, si è assistito ad una maggior attenzione verso i problemi legati all’autonomia privata dei soci. Pertanto, l’idea che le società di capitali dovessero esser governate da un buon numero di norme imperative è stata progressivamente messa in discussione, pur rimanendo sempre aperto l’immanente problema del grado di imperatività che il diritto societario deve avere.L’Autore in questo scritto ha indirizzato la propria indagine sulle categorie generali tradizionalmente utilizzate dalla dottrina e dalla giurisprudenza al fine di limitare l’autonomia privata, nella convinzione che anche in futuro non si potrà prescindere dall’analisi dei fondamenti che (da sempre) caratterizzano la materia.In questa prospettiva una particolare attenzione è stata riservata all’analisi della personalità giuridica, all’analisi dei tipi societari e alla applicazione fatta dalla giurisprudenza della clausola generale dell’ordine pubblico.Accantonata ogni indagine sulla contrarietà al buon costume, perché di scarsa incidenza sul fenomeno societario, la ricerca si è soffermata sull’analisi delle norme imperative e sulla contrarietà all’ordine pubblico.Per quanto concerne le norme imperative, la trattazione è stata suddivisa in due differenti capitoli al fine di analizzare separatamente i diversi aspetti: quello delle norme imperative “proibitive” e quella delle norme imperative di “configurazione”.Con le norme imperative proibitive l’ordinamento tutela l’equilibrio contrattuale. Le norme imperative proibitive sono gli “argini” che l’ordinamento erige nei confronti dell’autonomia privata a tutela di interessi ritenuti fondamentali e la cui violazione è di norma sanzionata con la nullità. Le norme imperative proibitive hanno pertanto lo scopo di garantire la realizzazione sostanziale della libertà negoziale evitando in tal modo che la parte economicamente o contrattualmente più forte possa condizionare il contratto nel suo aspetto funzionale: quale strumento cioè di disciplina e di contemperamento dei contrapposti interessi delle parti.Le norme imperative di configurazione, pur collocandosi anche esse nell’ambito delle norme imperative, in quanto inderogabili, si differenziano dalle precedenti perché la loro funzione [...]
2006
8814130779
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