La questione di uno speciale status da riconoscere ai membri delle assemblee parlamentari in ragione della natura e “qualità” delle loro funzioni rappresenta una costante di rilievo nell’evoluzione del costituzionalismo liberal-democratico. Ancora nell’esperienza del costituzionalismo post-bellico – saldamente impiantato sul principio di eguaglianza – se, da un lato, le criticità già disvelate di siffatte immunità avrebbero giustificato quanto meno un atteggiamento di maggiore attenzione nella definizione degli ambiti applicativi al fine di scongiurare gli effetti di iniquo privilegio che potevano derivarne, dall’altro lato, però rimaneva, pur in forme adeguate ai nuovi contesti politico-istituzionali, la consapevolezza delle esigenze a cui le immunità parlamentari sembravano funzionali: non più certo l’antico timore verso soggetti politici esterni al circuito democratico (l’autorità monarchica coi suoi strumenti di repressione amministrativi e giudiziari), ma i rischi provenienti dall’interno stesso di tale circuito (le prevaricazioni delle maggioranze contro le opposizioni) o quelli provenienti da altri poteri (come la magistratura, tanto più in quanto stabilmente organizzata in “correnti” ideologicamente orientate) il cui essenziale ruolo di garanzia legalitaria avrebbe potuto essere strumentalizzato per impropri interventi contro gli uni o gli altri protagonisti della dialettica politica. Questa rilettura dell’istituto sembrava evidenziarne la persistente vitalità e le ulteriori potenzialità evolutive su una linea sostanzialmente coerente con lo spirito che ne aveva caratterizzato l’accoglimento nel costituzionalismo liberale, ovverosia l’idea che l’istituto delle immunità parlamentari costituissero uno strumento non solo di difesa, ma di affermazione del ruolo dell’organo rappresentativo, chiamato ad esercitare un «potere interpretativo primario sulle linee di sviluppo della Costituzione», consentendo di proteggere – appunto allo scopo di rafforzare il tasso di democraticità di sistemi costituzionali in formazione – non solo le opinioni enunciate e le decisioni assunte dal parlamentare (irresponsabilità), ma anche i suoi comportamenti rappresentativamente rilevanti, pur se illeciti (inviolabilità). Il quadro appena delineato ha tuttavia conosciuto, nell’ultimo decennio, un profondo mutamento che ha incisivo in maniera significativa sul funzionamento e sul ruolo delle immunità parlamentari all’interno degli ordinamenti contemporanei. È apparso, difatti, evidente come la ricerca della difficile conciliazione tra tutela dell’autonomia delle istituzioni parlamentari, da un lato, e garanzia della normale esplicazione della funzione giurisdizionale, dall’altro, il rafforzamento delle tecniche di tutela dei diritti a livello internazionale, nonché il progressivo deterioramento del mito della rappresentanza liberale e l’impatto negativo che ha prodotto sulla pubblica opinione la diffusione a mezzo stampa di ripetuti episodi di deriva parlamentare, abbiano determinato l’apertura di un dibattito a tutti i livelli sulla capacità di tenuta dell’istituto, messo più che mai alla prova dalle nuove frontiere del costituzionalismo post-nazionale. Processi – quello interno e quello internazionale – che hanno spinto il sistema parlamentare verso una sempre più accentuata autoreferenzialità. In tale contesto, le immunità hanno perso la tradizionale funzione di strumenti atti a favorire in massimo grado la libera espressione dell’attività posta in essere dal Parlamento, per divenire invece forme di privilegio che l’oligarchia politico-parlamentare utilizza per rafforzare il proprio potere, all’interno di un sistema che può definirsi “autopoietico”, fondato cioè esclusivamente sull’interesse ad alimentare in maniera pervicace se stesso, senza [...]
Le immunità parlamentari. Profili storici e comparativi
SCIANNELLA, Lucia Giuditta
2010-01-01
Abstract
La questione di uno speciale status da riconoscere ai membri delle assemblee parlamentari in ragione della natura e “qualità” delle loro funzioni rappresenta una costante di rilievo nell’evoluzione del costituzionalismo liberal-democratico. Ancora nell’esperienza del costituzionalismo post-bellico – saldamente impiantato sul principio di eguaglianza – se, da un lato, le criticità già disvelate di siffatte immunità avrebbero giustificato quanto meno un atteggiamento di maggiore attenzione nella definizione degli ambiti applicativi al fine di scongiurare gli effetti di iniquo privilegio che potevano derivarne, dall’altro lato, però rimaneva, pur in forme adeguate ai nuovi contesti politico-istituzionali, la consapevolezza delle esigenze a cui le immunità parlamentari sembravano funzionali: non più certo l’antico timore verso soggetti politici esterni al circuito democratico (l’autorità monarchica coi suoi strumenti di repressione amministrativi e giudiziari), ma i rischi provenienti dall’interno stesso di tale circuito (le prevaricazioni delle maggioranze contro le opposizioni) o quelli provenienti da altri poteri (come la magistratura, tanto più in quanto stabilmente organizzata in “correnti” ideologicamente orientate) il cui essenziale ruolo di garanzia legalitaria avrebbe potuto essere strumentalizzato per impropri interventi contro gli uni o gli altri protagonisti della dialettica politica. Questa rilettura dell’istituto sembrava evidenziarne la persistente vitalità e le ulteriori potenzialità evolutive su una linea sostanzialmente coerente con lo spirito che ne aveva caratterizzato l’accoglimento nel costituzionalismo liberale, ovverosia l’idea che l’istituto delle immunità parlamentari costituissero uno strumento non solo di difesa, ma di affermazione del ruolo dell’organo rappresentativo, chiamato ad esercitare un «potere interpretativo primario sulle linee di sviluppo della Costituzione», consentendo di proteggere – appunto allo scopo di rafforzare il tasso di democraticità di sistemi costituzionali in formazione – non solo le opinioni enunciate e le decisioni assunte dal parlamentare (irresponsabilità), ma anche i suoi comportamenti rappresentativamente rilevanti, pur se illeciti (inviolabilità). Il quadro appena delineato ha tuttavia conosciuto, nell’ultimo decennio, un profondo mutamento che ha incisivo in maniera significativa sul funzionamento e sul ruolo delle immunità parlamentari all’interno degli ordinamenti contemporanei. È apparso, difatti, evidente come la ricerca della difficile conciliazione tra tutela dell’autonomia delle istituzioni parlamentari, da un lato, e garanzia della normale esplicazione della funzione giurisdizionale, dall’altro, il rafforzamento delle tecniche di tutela dei diritti a livello internazionale, nonché il progressivo deterioramento del mito della rappresentanza liberale e l’impatto negativo che ha prodotto sulla pubblica opinione la diffusione a mezzo stampa di ripetuti episodi di deriva parlamentare, abbiano determinato l’apertura di un dibattito a tutti i livelli sulla capacità di tenuta dell’istituto, messo più che mai alla prova dalle nuove frontiere del costituzionalismo post-nazionale. Processi – quello interno e quello internazionale – che hanno spinto il sistema parlamentare verso una sempre più accentuata autoreferenzialità. In tale contesto, le immunità hanno perso la tradizionale funzione di strumenti atti a favorire in massimo grado la libera espressione dell’attività posta in essere dal Parlamento, per divenire invece forme di privilegio che l’oligarchia politico-parlamentare utilizza per rafforzare il proprio potere, all’interno di un sistema che può definirsi “autopoietico”, fondato cioè esclusivamente sull’interesse ad alimentare in maniera pervicace se stesso, senza [...]I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.