La riflessione nasce dall’interrogativo se sia veramente possibile attribuire al fair play una natura fondativa dello sport. Per poter individuare una risposta che abbia una qualche plausibilità, appare opportuno prima delimitare l’ambito della riflessione, definendo nella sua idealità lo sport, quale attività psicofisica, tesa al raggiungimento di abilità e destrezza particolari, raggiunte grazie al confronto competitivo, regolato da norme istituzionalizzate. Collocandosi in una simile prospettiva definitoria, emerge immediatamente come al fair play non possa essere attribuita quella natura costitutiva che, invece, gli è comunemente riconosciuta: esso appare essere piuttosto un atteggiamento interiore, meglio ancora un’inclinazione conseguente, anche se necessaria ed ineludibile. Non si tratta di svilire in qualche modo l’importanza del fair play, ma ricondurlo al suo proprio, onde non creare pericolosi slittamenti semantici che non giovano certo ad esso, tanto meno allo sport. Si tratta dunque di riconoscere al fair play una qualità derivata e non originaria: una natura derivata che si mantiene anche quando ad essere preso in considerazione è lo sport nel suo attuale sostanziarsi. In effetti nella contemporaneità (ma forse sin dalla ripresa dello sport nell’età moderna) esso sembra caratterizzarsi per un’accentuazione inedita della dimensione competitiva, tanto da oscurarne (ma non cancellarne) gli altri fattori costitutivi. In una siffatta concezione, evidentemente cambia il significato di competizione e, con esso, cambia il significato di fair play: più che qualificarsi come atteggiamento interiore, esso si declina come rispetto necessario delle regole che stanno a disciplinare il confronto competitivo. Ci si trova, però, dinanzi ad una qualificazione che non rivela affatto una natura costitutiva, ma esprime un atteggiamento (questa volta esternalizzato) che assume l’essenzialità del rispetto delle regole, le quali lo precedono logicamente. Una essenziale multiformità riflesso di un’essenziale diversità nell’estrinsecarsi dello sport: riflesso, ma non condizione.

Fair Play: una dimensione fondamentale dello sport?

DI GIANDOMENICO, Anna
2013-01-01

Abstract

La riflessione nasce dall’interrogativo se sia veramente possibile attribuire al fair play una natura fondativa dello sport. Per poter individuare una risposta che abbia una qualche plausibilità, appare opportuno prima delimitare l’ambito della riflessione, definendo nella sua idealità lo sport, quale attività psicofisica, tesa al raggiungimento di abilità e destrezza particolari, raggiunte grazie al confronto competitivo, regolato da norme istituzionalizzate. Collocandosi in una simile prospettiva definitoria, emerge immediatamente come al fair play non possa essere attribuita quella natura costitutiva che, invece, gli è comunemente riconosciuta: esso appare essere piuttosto un atteggiamento interiore, meglio ancora un’inclinazione conseguente, anche se necessaria ed ineludibile. Non si tratta di svilire in qualche modo l’importanza del fair play, ma ricondurlo al suo proprio, onde non creare pericolosi slittamenti semantici che non giovano certo ad esso, tanto meno allo sport. Si tratta dunque di riconoscere al fair play una qualità derivata e non originaria: una natura derivata che si mantiene anche quando ad essere preso in considerazione è lo sport nel suo attuale sostanziarsi. In effetti nella contemporaneità (ma forse sin dalla ripresa dello sport nell’età moderna) esso sembra caratterizzarsi per un’accentuazione inedita della dimensione competitiva, tanto da oscurarne (ma non cancellarne) gli altri fattori costitutivi. In una siffatta concezione, evidentemente cambia il significato di competizione e, con esso, cambia il significato di fair play: più che qualificarsi come atteggiamento interiore, esso si declina come rispetto necessario delle regole che stanno a disciplinare il confronto competitivo. Ci si trova, però, dinanzi ad una qualificazione che non rivela affatto una natura costitutiva, ma esprime un atteggiamento (questa volta esternalizzato) che assume l’essenzialità del rispetto delle regole, le quali lo precedono logicamente. Una essenziale multiformità riflesso di un’essenziale diversità nell’estrinsecarsi dello sport: riflesso, ma non condizione.
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