La questione indagata è quella della natura giuridica del commissario ad acta che può essere nominato dal giudice amministrativo, che secondo l'impostazione tradizionale è considerato un ausiliario del giudice nel giudizio di ottemperanza e nei casi assimilabili, mentre è qualificato come organo amministrativo straordinario nel giudizio avverso il silenzio. Tale soluzione “dualista” è criticata a partire dal suo presupposto concettuale: che la natura (giurisdizionale o amministrativa) dell’organo dipenda dalla circostanza che esso disponga o meno di potere discrezionale. La tesi che si propone è invece la seguente: quando agisce in sostituzione dell’amministrazione il commissario svolge in ogni caso un’attività amministrativa, discrezionale o vincolata che sia. Nel contempo viene messo in discussione anche il nesso solitamente istituito tra la natura del commissario e il regime di impugnazione dei suoi atti, secondo cui dalla natura giurisdizionale dell’organo si fa discendere l’impugnabilità dei suoi atti nel giudizio di ottemperanza, e dalla sua natura amministrativa si deduce l’impugnabilità degli atti in un apposito giudizio di legittimità. La tesi innovativa che si sostiene è invece che gli atti del commissario siano da sottoporre allo stesso regime processuale degli atti dell’amministrazione successivi al giudicato: se con la contestazione si mira ad ottenere il pieno rispetto del giudicato, la sede idonea per sollevarla è il giudizio di ottemperanza; se si fanno valere vizi esterni al profilo dell’ottemperanza, la sede idonea è un autonomo giudizio di legittimità. La tenuta dell’ipotesi ricostruttiva è vagliata alla luce della disciplina dettata dal codice del processo amministrativo. Secondo il codice gli atti del commissario nominato dal giudice dell’ottemperanza vanno impugnati dalle parti con reclamo dinanzi a tale giudice, e dai terzi con azione di annullamento secondo il rito ordinario; mentre gli atti del commissario nominato nel giudizio avverso il silenzio vanno impugnati innanzi al giudice che lo ha nominato se si tratta di questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto. Trova quindi conferma l’ipotesi di lavoro che individua il regime processuale degli atti del commissario sulla base dei motivi dell’impugnazione, sganciandolo dalla natura giurisdizionale o amministrativa attribuita all’organo.

Il commissario ad acta nel processo amministrativo. Qualificazione dell'organo e regime processuale degli atti

D'ANTONIO, SIMONA
2012-01-01

Abstract

La questione indagata è quella della natura giuridica del commissario ad acta che può essere nominato dal giudice amministrativo, che secondo l'impostazione tradizionale è considerato un ausiliario del giudice nel giudizio di ottemperanza e nei casi assimilabili, mentre è qualificato come organo amministrativo straordinario nel giudizio avverso il silenzio. Tale soluzione “dualista” è criticata a partire dal suo presupposto concettuale: che la natura (giurisdizionale o amministrativa) dell’organo dipenda dalla circostanza che esso disponga o meno di potere discrezionale. La tesi che si propone è invece la seguente: quando agisce in sostituzione dell’amministrazione il commissario svolge in ogni caso un’attività amministrativa, discrezionale o vincolata che sia. Nel contempo viene messo in discussione anche il nesso solitamente istituito tra la natura del commissario e il regime di impugnazione dei suoi atti, secondo cui dalla natura giurisdizionale dell’organo si fa discendere l’impugnabilità dei suoi atti nel giudizio di ottemperanza, e dalla sua natura amministrativa si deduce l’impugnabilità degli atti in un apposito giudizio di legittimità. La tesi innovativa che si sostiene è invece che gli atti del commissario siano da sottoporre allo stesso regime processuale degli atti dell’amministrazione successivi al giudicato: se con la contestazione si mira ad ottenere il pieno rispetto del giudicato, la sede idonea per sollevarla è il giudizio di ottemperanza; se si fanno valere vizi esterni al profilo dell’ottemperanza, la sede idonea è un autonomo giudizio di legittimità. La tenuta dell’ipotesi ricostruttiva è vagliata alla luce della disciplina dettata dal codice del processo amministrativo. Secondo il codice gli atti del commissario nominato dal giudice dell’ottemperanza vanno impugnati dalle parti con reclamo dinanzi a tale giudice, e dai terzi con azione di annullamento secondo il rito ordinario; mentre gli atti del commissario nominato nel giudizio avverso il silenzio vanno impugnati innanzi al giudice che lo ha nominato se si tratta di questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto. Trova quindi conferma l’ipotesi di lavoro che individua il regime processuale degli atti del commissario sulla base dei motivi dell’impugnazione, sganciandolo dalla natura giurisdizionale o amministrativa attribuita all’organo.
2012
9788863424324
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