Nei contratti del consumatore stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c., ossia mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme una serie di rapporti contrattuali, suscita sempre maggiore interesse il problema della rilevanza della trattativa collettiva. Se cioè un negoziato sui moduli o formulari svolto tra professionisti o associazioni di professionisti, da un lato, ed associazioni di consumatori, dall’altro, influenzi l’applicazione della normativa di protezione e precisamente degli artt. 33 e ss. cod. cons..Il problema tocca la più ampia tematica dell’efficacia degli accordi collettivi rispetto agli accordi individuali, evocando la figura del contratto-tipo.Il Codice del consumo, in effetti, riconosce e garantisce i diritti e gli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, tra i quali, fondamentali, quelli «alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali» (art. 2). La tutela di questi diritti ed interessi è affidata alle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’art. 137 cod. cons..Tali associazioni sono legittimate ad agire, non soltanto, per l’inibitoria delle clausole vessatorie (art. 37 cod. cons.), ma, in generale, a tutela di ogni interesse collettivo dei consumatori e degli utenti nelle materie regolate dal codice del consumo (art. 139 cod. cons.). Le associazioni dei consumatori hanno in particolare la legittimazione all’azione di classe per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione di somme in conseguenza di illeciti contrattuali o extracontrattuali che abbiano leso i diritti individuali omogenei di consumatori o utenti (art. 140-bis cod. cons.).L’art. 141 cod. cons. attribuisce tuttavia alle associazioni iscritte il potere di attivare, prima dei rimedi giudiziali, procedure di conciliazione dinanzi alla camera di commercio, industria, artigianato, e agricoltura competente per territorio, a norma dell’art. 2, comma 4, lett. a), della l. 29 dicembre 1993, n. 580, nonché agli altri organismi di composizione extragiudiziale per la composizione delle controversie in materia di consumo.L’art. 2, comma 4, della l. n. 580 del 1993, alla successiva lett. b), stabilisce che «le Camere di Commercio, singolarmente o in forma associata, possono tra l’altro … predisporre e promuovere contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti».Si trova, in definitiva, disciplinato nella legge un contratto-tipo a formazione associativa del quale sono parti, da un lato, le associazioni dei consumatori e degli utenti, e dall’altro le imprese o le loro associazioni. In questo procedimento legale di formazione del contratto-tipo le Camere di Commercio svolgono un ruolo essenziale: o curano la predisposizione delle clausole per sottoporle alla discussione e valutazione congiunta delle associazioni ovvero, semplicemente, promuovono la redazione dinanzi a sé, ad opera delle associazioni (contrapposte), delle clausole del contratto-tipo.Emerge dunque la centralità di questa figura, quale strumento pacifico di composizione dei conflitti d’interessi tra consumatori e professionisti. È la legge a riconoscergli questo fondamentale valore.È insegnamento tradizionale che alle clausole di un contratto-tipo non si applichi la disciplina di protezione dettata dagli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c..Esse non sono vessatorie poiché il loro contenuto è stato predisposto da soggetti titolari d’interessi in conflitto. Non è questione di riequilibrio sul piano economico dei contrapposti interessi. Manca un elemento della fattispecie: la predisposizione unilaterale del contenuto contrattuale. Mancando questa, non è applicabile la disciplina degli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c.È all[...]

Contratto-tipo e class action. Contributo allo studio dell'autonomia collettiva nei rapporti di consumo.

IAIONE, Massimiliano
2008-01-01

Abstract

Nei contratti del consumatore stipulati ai sensi dell’art. 1342 c.c., ossia mediante la sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme una serie di rapporti contrattuali, suscita sempre maggiore interesse il problema della rilevanza della trattativa collettiva. Se cioè un negoziato sui moduli o formulari svolto tra professionisti o associazioni di professionisti, da un lato, ed associazioni di consumatori, dall’altro, influenzi l’applicazione della normativa di protezione e precisamente degli artt. 33 e ss. cod. cons..Il problema tocca la più ampia tematica dell’efficacia degli accordi collettivi rispetto agli accordi individuali, evocando la figura del contratto-tipo.Il Codice del consumo, in effetti, riconosce e garantisce i diritti e gli interessi collettivi dei consumatori e degli utenti, tra i quali, fondamentali, quelli «alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali» (art. 2). La tutela di questi diritti ed interessi è affidata alle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all’art. 137 cod. cons..Tali associazioni sono legittimate ad agire, non soltanto, per l’inibitoria delle clausole vessatorie (art. 37 cod. cons.), ma, in generale, a tutela di ogni interesse collettivo dei consumatori e degli utenti nelle materie regolate dal codice del consumo (art. 139 cod. cons.). Le associazioni dei consumatori hanno in particolare la legittimazione all’azione di classe per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno e alla restituzione di somme in conseguenza di illeciti contrattuali o extracontrattuali che abbiano leso i diritti individuali omogenei di consumatori o utenti (art. 140-bis cod. cons.).L’art. 141 cod. cons. attribuisce tuttavia alle associazioni iscritte il potere di attivare, prima dei rimedi giudiziali, procedure di conciliazione dinanzi alla camera di commercio, industria, artigianato, e agricoltura competente per territorio, a norma dell’art. 2, comma 4, lett. a), della l. 29 dicembre 1993, n. 580, nonché agli altri organismi di composizione extragiudiziale per la composizione delle controversie in materia di consumo.L’art. 2, comma 4, della l. n. 580 del 1993, alla successiva lett. b), stabilisce che «le Camere di Commercio, singolarmente o in forma associata, possono tra l’altro … predisporre e promuovere contratti-tipo tra imprese, loro associazioni e associazioni di tutela degli interessi dei consumatori e degli utenti».Si trova, in definitiva, disciplinato nella legge un contratto-tipo a formazione associativa del quale sono parti, da un lato, le associazioni dei consumatori e degli utenti, e dall’altro le imprese o le loro associazioni. In questo procedimento legale di formazione del contratto-tipo le Camere di Commercio svolgono un ruolo essenziale: o curano la predisposizione delle clausole per sottoporle alla discussione e valutazione congiunta delle associazioni ovvero, semplicemente, promuovono la redazione dinanzi a sé, ad opera delle associazioni (contrapposte), delle clausole del contratto-tipo.Emerge dunque la centralità di questa figura, quale strumento pacifico di composizione dei conflitti d’interessi tra consumatori e professionisti. È la legge a riconoscergli questo fondamentale valore.È insegnamento tradizionale che alle clausole di un contratto-tipo non si applichi la disciplina di protezione dettata dagli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c..Esse non sono vessatorie poiché il loro contenuto è stato predisposto da soggetti titolari d’interessi in conflitto. Non è questione di riequilibrio sul piano economico dei contrapposti interessi. Manca un elemento della fattispecie: la predisposizione unilaterale del contenuto contrattuale. Mancando questa, non è applicabile la disciplina degli artt. 1341, 1342 e 1370 c.c.È all[...]
2008
88-243-1814-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/2843
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