La crisi dell’8 settembre 1943, all’interno della quale secondo alcuni è “morta la Patria”, ha origini lontane. Può essere considerata una somma di elementi che si rintracciano sin dalla costruzione del nuovo italiano fascista, ovvero nell’obbiettivo finale del regime: la conquista di un ruolo egemone da raggiungere – in modo connaturato al regime stesso – attraverso quella prova suprema che era considerata la guerra. Un secondo passaggio è rappresentato dalla crisi dell’estate del 1943 allorquando gli italiani precipitano in una crisi dalle caratteristiche del tutto nuove sia in termini di coscienza sia in termini di frammentazione geografica. Tratto importante per i militari diviene il contesto geografico nel quale si trovano ad agire che, si somma alla dimensione politica del crollo. Ambiguità degli ordini, differenze di contesto, capacità di orientamento si pongono quindi come un discriminante fra chi si trova in Italia e chi si trova all’estero. Il momento dell’Armistizio, di conseguenza, è la fine di un percorso (quello della Nazione fascista) e coincide per molti soldati con quello della “scelta” a fronte di ciò che era accaduto e su come, ai primi di settembre, si interruppe il rapporto con la “nazione fascista” a fronte di un ricongiungimento emotivo e simbolico attraverso la Patria che, quindi, non muore l’8 settembre. Se il crollo fu così repentino e frammentato, quindi, altrettanto complesso è definire un percorso comune per la ricomposizione dei legami con la Nazione e la Patria. Per quanto tempo queste parole rimangono per così dire “sospese”? Quanto le differenti esperienze incidono nella loro ricongiunzione? Con l’armistizio non era crollata la Patria, era crollata una generazione di giovani italiani: nati, cresciuti, formati sotto il regime. Non esiste quindi una storia ma tante storie che precipitano nella crisi del 1943 e che da questa riemergono.

Militari, Nazione e Patria nella crisi dell'8 settembre. Scenari esperienze e reazioni

Iuso
2025-01-01

Abstract

La crisi dell’8 settembre 1943, all’interno della quale secondo alcuni è “morta la Patria”, ha origini lontane. Può essere considerata una somma di elementi che si rintracciano sin dalla costruzione del nuovo italiano fascista, ovvero nell’obbiettivo finale del regime: la conquista di un ruolo egemone da raggiungere – in modo connaturato al regime stesso – attraverso quella prova suprema che era considerata la guerra. Un secondo passaggio è rappresentato dalla crisi dell’estate del 1943 allorquando gli italiani precipitano in una crisi dalle caratteristiche del tutto nuove sia in termini di coscienza sia in termini di frammentazione geografica. Tratto importante per i militari diviene il contesto geografico nel quale si trovano ad agire che, si somma alla dimensione politica del crollo. Ambiguità degli ordini, differenze di contesto, capacità di orientamento si pongono quindi come un discriminante fra chi si trova in Italia e chi si trova all’estero. Il momento dell’Armistizio, di conseguenza, è la fine di un percorso (quello della Nazione fascista) e coincide per molti soldati con quello della “scelta” a fronte di ciò che era accaduto e su come, ai primi di settembre, si interruppe il rapporto con la “nazione fascista” a fronte di un ricongiungimento emotivo e simbolico attraverso la Patria che, quindi, non muore l’8 settembre. Se il crollo fu così repentino e frammentato, quindi, altrettanto complesso è definire un percorso comune per la ricomposizione dei legami con la Nazione e la Patria. Per quanto tempo queste parole rimangono per così dire “sospese”? Quanto le differenti esperienze incidono nella loro ricongiunzione? Con l’armistizio non era crollata la Patria, era crollata una generazione di giovani italiani: nati, cresciuti, formati sotto il regime. Non esiste quindi una storia ma tante storie che precipitano nella crisi del 1943 e che da questa riemergono.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/164360
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