Il tema della giustizia sociale affonda le sue radici nella Grecia antica: il filosofo Aristotele, infatti, definiva la giustizia come una virtù sociale che pone, sviluppa, una relazione e che promuove l’interesse e la cura per il bene degli altri. Promuovere tale fine significa quindi anche acquisire e distribuire i beni in base ad un criterio di uguaglianza, ossia distribuire gli stessi in modo eguale tra persone eguali e in modo diseguale tra persone diseguali. Il concetto di giustizia sociale nasce in riferimento alle opportunità (politiche, giuridiche, economiche, paritarie) per garantire che agli individui siano riconosciuti diritti e ruoli sociali e una distribuzione di servizi, beni e risorse ma esso, al contempo presenta una dimensione più profonda. Interrogarsi sulla giustizia sociale significa, infatti, distinguere tra diseguaglianze accettabili o giuste e diseguaglianze inaccettabili o ingiuste; significa chiedersi quale eguaglianza sia necessario promuovere in società che vogliano dirsi giuste e quali diseguaglianze siano ammesse; significa interrogarsi sulla possibilità di garantire l’eguaglianza in alcune sfere fondamentali e, allo stesso tempo, ammettere una qualche diseguaglianza in altre sfere, evitando tuttavia eventuali diminuzioni di diritti. Uno dei principi cardine della teoria della giustizia sociale è il rispetto: il riconoscimento dell’eguaglianza morale delle persone è garantito dal principio di eguale rispetto per le persone in quanto tali, inteso come riconoscimento dello status di ogni persona, di eguale morale, nel rispetto delle differenze uniche e particolari. Sempre più frequentemente, assistiamo oggi a un tipo di giustizia che sembra aver perso la sua reale connotazione di virtù sociale e, soprattutto, basata sul riconoscimento delle differenze e sull’architrave dei diritti umani. Una delle nuove frontiere della giustizia sociale è identificata nella “giustizia mediatica”. Con tale termine si intende quella giustizia che viene fatta esclusivamente nell’agorà digitale, nelle testate giornalistiche, dove si mescolano verità e verosimile, provocando una discrasia tra ciò che è percepito come vero dall’opinione pubblica e ciò che viene legittimamente accertato in giudizio, con evidenti ripercussioni sui diritti della persona accusata, sul principio di uguaglianza, e, più generalmente, sulla deistituzionalizzazione della giustizia. Il presente contributo mira dunque ad indagare il tema della giustizia sociale, concentrandosi specialmente sul rapporto con le disuguaglianze giuste e ingiuste, in particolare relative al genere. Verrà inoltre analizzato il particolare fenomeno della giustizia mediatica ed il rapporto con la giustizia sociale, le distorsioni innescate dallo stesso e i suoi effetti sui diritti fondamentali dell’individuo, auspicando da ultimo una cosiddetta “vigilanza cognitiva.”
Le nuove frontiere della giustizia sociale e mediatica: vigilanza cognitiva e disuguaglianze di genere.
Chiara Alberta Parisse
2024-01-01
Abstract
Il tema della giustizia sociale affonda le sue radici nella Grecia antica: il filosofo Aristotele, infatti, definiva la giustizia come una virtù sociale che pone, sviluppa, una relazione e che promuove l’interesse e la cura per il bene degli altri. Promuovere tale fine significa quindi anche acquisire e distribuire i beni in base ad un criterio di uguaglianza, ossia distribuire gli stessi in modo eguale tra persone eguali e in modo diseguale tra persone diseguali. Il concetto di giustizia sociale nasce in riferimento alle opportunità (politiche, giuridiche, economiche, paritarie) per garantire che agli individui siano riconosciuti diritti e ruoli sociali e una distribuzione di servizi, beni e risorse ma esso, al contempo presenta una dimensione più profonda. Interrogarsi sulla giustizia sociale significa, infatti, distinguere tra diseguaglianze accettabili o giuste e diseguaglianze inaccettabili o ingiuste; significa chiedersi quale eguaglianza sia necessario promuovere in società che vogliano dirsi giuste e quali diseguaglianze siano ammesse; significa interrogarsi sulla possibilità di garantire l’eguaglianza in alcune sfere fondamentali e, allo stesso tempo, ammettere una qualche diseguaglianza in altre sfere, evitando tuttavia eventuali diminuzioni di diritti. Uno dei principi cardine della teoria della giustizia sociale è il rispetto: il riconoscimento dell’eguaglianza morale delle persone è garantito dal principio di eguale rispetto per le persone in quanto tali, inteso come riconoscimento dello status di ogni persona, di eguale morale, nel rispetto delle differenze uniche e particolari. Sempre più frequentemente, assistiamo oggi a un tipo di giustizia che sembra aver perso la sua reale connotazione di virtù sociale e, soprattutto, basata sul riconoscimento delle differenze e sull’architrave dei diritti umani. Una delle nuove frontiere della giustizia sociale è identificata nella “giustizia mediatica”. Con tale termine si intende quella giustizia che viene fatta esclusivamente nell’agorà digitale, nelle testate giornalistiche, dove si mescolano verità e verosimile, provocando una discrasia tra ciò che è percepito come vero dall’opinione pubblica e ciò che viene legittimamente accertato in giudizio, con evidenti ripercussioni sui diritti della persona accusata, sul principio di uguaglianza, e, più generalmente, sulla deistituzionalizzazione della giustizia. Il presente contributo mira dunque ad indagare il tema della giustizia sociale, concentrandosi specialmente sul rapporto con le disuguaglianze giuste e ingiuste, in particolare relative al genere. Verrà inoltre analizzato il particolare fenomeno della giustizia mediatica ed il rapporto con la giustizia sociale, le distorsioni innescate dallo stesso e i suoi effetti sui diritti fondamentali dell’individuo, auspicando da ultimo una cosiddetta “vigilanza cognitiva.”I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


