L'intervento mira ad indagare il ruolo delle donne nei processi di pace e il fine ultimo degli stessi. Le operazioni di “peacekeeping”, “peace building”, “peace making”, ossia di edificazione e mantenimento della pace, sono condotte mediante il dispiegamento sul territorio dello Stato in crisi di forze militari ONU, spesso affiancate da personale civile. La partecipazione femminile a questo tipo di processi è stata implementa per la prima volta nella Risoluzione 1325/2000 del Consiglio di Sicurezza, che istituì l’Agenda “Donne pace e sicurezza”, con l’intento di garantire la piena partecipazione delle donne in tutte le fasi del processo di pace e di promuovere in questo settore l’integrazione di una prospettiva di genere, richiedendo agli Stati membri di favorire l’avanzamento dell’Agenda tramite piani di azione nazionale. Se da un lato, infatti, viene richiamata l’importanza del coinvolgimento delle donne per una maggiore democrazia, per valorizzare la diversità e il pluralismo dell’accesso al potere, per il godimento di diritti umani, d’altro canto vi è una certa riluttanza ad includere le stesse nei processi di pace. Tra le cause rientrano il legame tra protettori e protetti; la visione ancora prevalente delle donne quali “osservatrici”; la sottorappresentanza politica, che determina una mancata inclusione nei processi di reclutamento. Si cercherà inoltre di analizzare possibili soluzioni del fenomeno e buone pratiche, quali il maggiore coinvolgimento delle organizzazioni regionali, in modo tale da avviarsi verso una visione di pace più inclusiva, efficiente e duratura.

Il ruolo delle donne nei processi di pace

Chiara Alberta Parisse
2024-01-01

Abstract

L'intervento mira ad indagare il ruolo delle donne nei processi di pace e il fine ultimo degli stessi. Le operazioni di “peacekeeping”, “peace building”, “peace making”, ossia di edificazione e mantenimento della pace, sono condotte mediante il dispiegamento sul territorio dello Stato in crisi di forze militari ONU, spesso affiancate da personale civile. La partecipazione femminile a questo tipo di processi è stata implementa per la prima volta nella Risoluzione 1325/2000 del Consiglio di Sicurezza, che istituì l’Agenda “Donne pace e sicurezza”, con l’intento di garantire la piena partecipazione delle donne in tutte le fasi del processo di pace e di promuovere in questo settore l’integrazione di una prospettiva di genere, richiedendo agli Stati membri di favorire l’avanzamento dell’Agenda tramite piani di azione nazionale. Se da un lato, infatti, viene richiamata l’importanza del coinvolgimento delle donne per una maggiore democrazia, per valorizzare la diversità e il pluralismo dell’accesso al potere, per il godimento di diritti umani, d’altro canto vi è una certa riluttanza ad includere le stesse nei processi di pace. Tra le cause rientrano il legame tra protettori e protetti; la visione ancora prevalente delle donne quali “osservatrici”; la sottorappresentanza politica, che determina una mancata inclusione nei processi di reclutamento. Si cercherà inoltre di analizzare possibili soluzioni del fenomeno e buone pratiche, quali il maggiore coinvolgimento delle organizzazioni regionali, in modo tale da avviarsi verso una visione di pace più inclusiva, efficiente e duratura.
2024
9791223500781
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/161882
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