La pratica dello scrutinio, ereditata dall’Ancien Régime e riadattata nel corso della prima metà dell’Ottocento, fu ampiamente utilizzata per valutare i percorsi professionali e politici dei pubblici ufficiali meridionali. Una sua prima applicazione avvenne all’indomani della Seconda restaurazione per attuare la ‘politica dell’amalgama’, attraverso la riorganizzazione degli organici ereditati dal Decennio francese e l’inserimento di nuove reclute. Seguirono numerose indagini effettuate dalle autorità locali di polizia nel più ampio contesto dei conflitti verificatisi nelle province durante l’intero Quinquennio borbonico. La frattura rivoluzionaria del 1820 portò a teorizzare un nuovo riordino e, con esso, un immancabile nuovo scrutinio delle condotte politiche e professionali del personale, rimasto poi incompiuto. Il ritorno dei Borboni a Napoli, al seguito del corpo di spedizione austriaco promosso dal congresso di Lubiana, portò alla formazione delle Giunte di Scrutinio al cui giudizio furono nuovamente sottoposti i pubblici ufficiali di ogni ordine e grado. Il corpus documentario così formatosi nei fondi dei dicasteri di Grazia e Giustizia, della Polizia Generale e dell’Archivio Borbone, oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, permette dunque di ricostruire le vicende di un gran numero di funzionari, specie nei ranghi del sistema giudiziario. La ricerca si è concentrata sullo studio della pratica dello scrutinio come processo di identificazione politica degli individui. Da un lato si trattava infatti di una procedura di mappatura e di accountability degli apparati statali, volta a garantire fedeltà politica e affidabilità amministrativa in quanto aspetti inscindibili nella mentalità dell’epoca. Dall’altro, attraverso la raccolta di informazioni operata nei territori, lo scrutinio era uno spazio politico di negoziazione e ridefinizione delle identità socioprofessionali e politico-culturali, strutturalmente aperto tanto alla partecipazione e al dialogo con i poteri locali, quanto alla messa in moto di numerose agencies. In tal senso, lo scrutinio, in quanto prassi strutturante dello spazio politico meridionale, costituisce un osservatorio privilegiato sull’intreccio complesso di rappresentazioni simboliche tipizzate di carattere opposto all’interno del gruppo dirigente e dei notabilati locali, quali il ‘suddito fedele’ o il ‘traditore’. Tracciandone le dinamiche e analizzandone le narrazioni contrapposte, lo studio si propone di ricostruire la vasta platea di attori coinvolti e le modalità con cui, volta per volta, si accreditarono «i più leali e fedeli sudditi» coinvolti nello spazio politico dello scrutinio. Rapporti riservati, relazioni sullo spirito pubblico, indagini, delazioni, testimonianze, petizioni, encomi: all’interno delle procedure di scrutinio è possibile ritrovare un’incredibile polifonia di voci sul rapporto tra intendenti, magistrati, commissari, vescovi, membri dell’amministrazione, del gruppo dirigente e dei notabilati locali. Pratiche testuali che ci raccontano molto anche su come, ben al di là della dimensione repressiva, lo scrutinio fu una pratica utilizzata per strutturare paradigmi di governo del reale, tracciando il profilo del pubblico ufficiale e riconfigurandolo nelle tumultuose contingenze politiche. La presente ricerca, fra i tanti temi sviluppati, ha cercato di collocare tale sperimentazione nel faticoso percorso collettivo di risposta alla crisi che aveva travolto il concetto di fedeltà nel Meridione della Restaurazione.
«I PIÚ LEALI E FEDELI SUDDITI DI SUA MAESTÀ» LA PRATICA DELLO SCRUTINIO NELLA RESTAURAZIONE BORBONICA (1815-1822) / Rinaldi, Angelo. - (2023 Nov 27).
«I PIÚ LEALI E FEDELI SUDDITI DI SUA MAESTÀ» LA PRATICA DELLO SCRUTINIO NELLA RESTAURAZIONE BORBONICA (1815-1822)
ANGELO rINALDI
2023-11-27
Abstract
La pratica dello scrutinio, ereditata dall’Ancien Régime e riadattata nel corso della prima metà dell’Ottocento, fu ampiamente utilizzata per valutare i percorsi professionali e politici dei pubblici ufficiali meridionali. Una sua prima applicazione avvenne all’indomani della Seconda restaurazione per attuare la ‘politica dell’amalgama’, attraverso la riorganizzazione degli organici ereditati dal Decennio francese e l’inserimento di nuove reclute. Seguirono numerose indagini effettuate dalle autorità locali di polizia nel più ampio contesto dei conflitti verificatisi nelle province durante l’intero Quinquennio borbonico. La frattura rivoluzionaria del 1820 portò a teorizzare un nuovo riordino e, con esso, un immancabile nuovo scrutinio delle condotte politiche e professionali del personale, rimasto poi incompiuto. Il ritorno dei Borboni a Napoli, al seguito del corpo di spedizione austriaco promosso dal congresso di Lubiana, portò alla formazione delle Giunte di Scrutinio al cui giudizio furono nuovamente sottoposti i pubblici ufficiali di ogni ordine e grado. Il corpus documentario così formatosi nei fondi dei dicasteri di Grazia e Giustizia, della Polizia Generale e dell’Archivio Borbone, oggi conservati presso l’Archivio di Stato di Napoli, permette dunque di ricostruire le vicende di un gran numero di funzionari, specie nei ranghi del sistema giudiziario. La ricerca si è concentrata sullo studio della pratica dello scrutinio come processo di identificazione politica degli individui. Da un lato si trattava infatti di una procedura di mappatura e di accountability degli apparati statali, volta a garantire fedeltà politica e affidabilità amministrativa in quanto aspetti inscindibili nella mentalità dell’epoca. Dall’altro, attraverso la raccolta di informazioni operata nei territori, lo scrutinio era uno spazio politico di negoziazione e ridefinizione delle identità socioprofessionali e politico-culturali, strutturalmente aperto tanto alla partecipazione e al dialogo con i poteri locali, quanto alla messa in moto di numerose agencies. In tal senso, lo scrutinio, in quanto prassi strutturante dello spazio politico meridionale, costituisce un osservatorio privilegiato sull’intreccio complesso di rappresentazioni simboliche tipizzate di carattere opposto all’interno del gruppo dirigente e dei notabilati locali, quali il ‘suddito fedele’ o il ‘traditore’. Tracciandone le dinamiche e analizzandone le narrazioni contrapposte, lo studio si propone di ricostruire la vasta platea di attori coinvolti e le modalità con cui, volta per volta, si accreditarono «i più leali e fedeli sudditi» coinvolti nello spazio politico dello scrutinio. Rapporti riservati, relazioni sullo spirito pubblico, indagini, delazioni, testimonianze, petizioni, encomi: all’interno delle procedure di scrutinio è possibile ritrovare un’incredibile polifonia di voci sul rapporto tra intendenti, magistrati, commissari, vescovi, membri dell’amministrazione, del gruppo dirigente e dei notabilati locali. Pratiche testuali che ci raccontano molto anche su come, ben al di là della dimensione repressiva, lo scrutinio fu una pratica utilizzata per strutturare paradigmi di governo del reale, tracciando il profilo del pubblico ufficiale e riconfigurandolo nelle tumultuose contingenze politiche. La presente ricerca, fra i tanti temi sviluppati, ha cercato di collocare tale sperimentazione nel faticoso percorso collettivo di risposta alla crisi che aveva travolto il concetto di fedeltà nel Meridione della Restaurazione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.