Il contributo prende le mosse dall’analisi del complesso rapporto intercorrente tra l’esigenza di contrastare i cambiamenti climatici per mezzo della c.d. “decarbonizzazione” e la necessità, al tempo stesso, di salvaguardare la food security (e il suo risvolto prescrittivo, ovvero il diritto al cibo). Quest’ultimo aspetto, in particolare, è compromesso dal diffondersi delle tecnologie fotovoltaiche e dall’installazione “a terra” dei relativi impianti in aree agricole, le quali ultime vengono così sottratte alla loro destinazione naturale – ovvero la coltivazione a fini alimentari – per essere sacrificate “sull’altare” della transizione ecologica. Ciò premesso, nel contributo si evidenzia come l’agrivoltaico, ovvero il sistema che permette la generazione di energia da fonte rinnovabile senza compromettere l’attività agricola (grazie all’installazione di pannelli solari ad un’altezza ragguardevole da terra), rappresenti la soluzione ideale per riportare in condizioni di equilibrio il rapporto tra decarbonizzazione e sicurezza alimentare. In particolare, si mette in luce come tale sistema sia contemporaneamente capace di apportare benefici alla produzione energetica e a quella alimentare (in particolare laddove si selezionino colture capaci di trarre giovamento dall’ombreggiatura creata dai pannelli). L’agrivoltaico appare, inoltre, idoneo all’installazione non soltanto nelle aree rurali, ma anche in quelle periurbane (determinando, ad esempio, un minore impatto paesaggistico e favorendo la costituzione di comunità energetiche rinnovabili, grazie alla vicinanza di tali zone alle aree industriali e residenziali cittadine) e in quelle urbane (trovando spazio sui c.d. “tetti verdi” delle megalopoli, contribuendo così alla riduzione del c.d. urban heat island effect, all’efficientamento energetico degli edifici e all’accorciamento della filiera agroalimentare). Il contributo procede, poi, all’analisi del quadro normativo che disciplina l’agrivoltaico in Italia: si prende atto, da un lato, del legame “a doppio filo” tra la regolamentazione vigente e gli incentivi ad hoc previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e, dall’altro lato, della sostanziale riconduzione normativa della specie-agrivoltaico al genere-fotovoltaico (opzione, questa, non priva di conseguenze rilevanti e già presa in esame dalla più recente giurisprudenza amministrativa).
L’agrivoltaico nelle aree urbane e periurbane: disciplina, potenzialità, limiti
omar makimov pallotta
2023-01-01
Abstract
Il contributo prende le mosse dall’analisi del complesso rapporto intercorrente tra l’esigenza di contrastare i cambiamenti climatici per mezzo della c.d. “decarbonizzazione” e la necessità, al tempo stesso, di salvaguardare la food security (e il suo risvolto prescrittivo, ovvero il diritto al cibo). Quest’ultimo aspetto, in particolare, è compromesso dal diffondersi delle tecnologie fotovoltaiche e dall’installazione “a terra” dei relativi impianti in aree agricole, le quali ultime vengono così sottratte alla loro destinazione naturale – ovvero la coltivazione a fini alimentari – per essere sacrificate “sull’altare” della transizione ecologica. Ciò premesso, nel contributo si evidenzia come l’agrivoltaico, ovvero il sistema che permette la generazione di energia da fonte rinnovabile senza compromettere l’attività agricola (grazie all’installazione di pannelli solari ad un’altezza ragguardevole da terra), rappresenti la soluzione ideale per riportare in condizioni di equilibrio il rapporto tra decarbonizzazione e sicurezza alimentare. In particolare, si mette in luce come tale sistema sia contemporaneamente capace di apportare benefici alla produzione energetica e a quella alimentare (in particolare laddove si selezionino colture capaci di trarre giovamento dall’ombreggiatura creata dai pannelli). L’agrivoltaico appare, inoltre, idoneo all’installazione non soltanto nelle aree rurali, ma anche in quelle periurbane (determinando, ad esempio, un minore impatto paesaggistico e favorendo la costituzione di comunità energetiche rinnovabili, grazie alla vicinanza di tali zone alle aree industriali e residenziali cittadine) e in quelle urbane (trovando spazio sui c.d. “tetti verdi” delle megalopoli, contribuendo così alla riduzione del c.d. urban heat island effect, all’efficientamento energetico degli edifici e all’accorciamento della filiera agroalimentare). Il contributo procede, poi, all’analisi del quadro normativo che disciplina l’agrivoltaico in Italia: si prende atto, da un lato, del legame “a doppio filo” tra la regolamentazione vigente e gli incentivi ad hoc previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza e, dall’altro lato, della sostanziale riconduzione normativa della specie-agrivoltaico al genere-fotovoltaico (opzione, questa, non priva di conseguenze rilevanti e già presa in esame dalla più recente giurisprudenza amministrativa).I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.