Il mio contributo vuole offrire una lettura ed una analisi simbolico-politica sul significato della violazione del corpo, e nello specifico del corpo delle donne che, dall’antichità ai nostri giorni, in tutte le narrazioni storiografiche su fenomeni di conflitto, di lotta o di conquista, è stato considerato luogo fisico e simbolico di affermazioni di potere maschile, di vendette, di epurazioni e rappresaglie. Le donne, come prede di guerra, sono diventate talvolta il vero campo di battaglia, e il mezzo per piegare ogni resistenza, ogni legame affettivo e psicologico, ogni diritto umano universale, violando così non solo di diritti e doveri sanciti dalle carte costituzionali o da organi di diritto internazionale, ma, più profondamente, il valore della dignità e della vita delle donne in quanto donne, colpendole e violentandole nella dimensione più intima e profonda della loro condizione di genere, quella della sessualità e della procreazione. Nonostante ciò, lo stupro di guerra è stato raramente perseguito come un crimine di guerra. E solo dal 1949 l'Articolo 27 della Quarta Convenzione di Ginevra esplicitamente proibì lo stupro e la prostituzione forzata durante i conflitti nei confronti delle persone protette dalla Convenzione. In sintesi, i corpi femminili, come bersagli strategici per affermare quasi sempre un biopotere di vita e di morte, assumono significati simbolici oltre che psicopolitici connessi con strategie di controllo, di lotta per il potere, di rappresaglia, di ricatto politico, o anche solo come affermazione di un predominio e di una rivalsa maschile.
Donne prede di guerra e bottino sessuale. Il significato simbolico della violazione dei corpi delle donne nei conflitti
F. RICCI
2023-01-01
Abstract
Il mio contributo vuole offrire una lettura ed una analisi simbolico-politica sul significato della violazione del corpo, e nello specifico del corpo delle donne che, dall’antichità ai nostri giorni, in tutte le narrazioni storiografiche su fenomeni di conflitto, di lotta o di conquista, è stato considerato luogo fisico e simbolico di affermazioni di potere maschile, di vendette, di epurazioni e rappresaglie. Le donne, come prede di guerra, sono diventate talvolta il vero campo di battaglia, e il mezzo per piegare ogni resistenza, ogni legame affettivo e psicologico, ogni diritto umano universale, violando così non solo di diritti e doveri sanciti dalle carte costituzionali o da organi di diritto internazionale, ma, più profondamente, il valore della dignità e della vita delle donne in quanto donne, colpendole e violentandole nella dimensione più intima e profonda della loro condizione di genere, quella della sessualità e della procreazione. Nonostante ciò, lo stupro di guerra è stato raramente perseguito come un crimine di guerra. E solo dal 1949 l'Articolo 27 della Quarta Convenzione di Ginevra esplicitamente proibì lo stupro e la prostituzione forzata durante i conflitti nei confronti delle persone protette dalla Convenzione. In sintesi, i corpi femminili, come bersagli strategici per affermare quasi sempre un biopotere di vita e di morte, assumono significati simbolici oltre che psicopolitici connessi con strategie di controllo, di lotta per il potere, di rappresaglia, di ricatto politico, o anche solo come affermazione di un predominio e di una rivalsa maschile.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.