Lo studio della formazione musicale nel Meridione d’Italia incrocia necessariamente la figura di Saverio Mattei (Montepaone, Catanzaro, 1742 – Napoli, 1795). Studiato, soprattutto dagli anni Ottanta del Novecento in poi, non solo dal punto di vista biografico e filosofico, ma anche per la sua posizione sulla drammaturgia metastasiana, per i rapporti con padre Martini, per il suo Socrate immaginario, per le idee sui maestri di cappella e per la creazione della biblioteca della Pietà dei Turchini, Mattei non cessa di offrire agli studiosi materia di riflessione. La sua vasta produzione poetica e letteraria, fusa con l’impegno militante su vari fronti della cultura teatrale, musicale e organologica, oltre che pregnante in sé, costituisce una fonte per significative comparazioni sincroniche con quanto si andava elaborando e realizzando in centri lontani da Napoli in materia di formazione musicale. "Dell’utilità o inutilità delle accademie" (1775), suo scritto tra i meno studiati, costituisce in tale prospettiva un caso emblematico. Solo apparentemente lontana da temi di interesse educativo e musicale, tale dissertazione rappresenta invece un interessante terreno di confronto fra diverse istanze, relative al ruolo formativo diretto e indiretto delle accademie e dei teatri in Italia tra gli anni Sessanta e Ottanta del Settecento.
Saverio Mattei al paragone: pensieri italiani sul valore pedagogico della musica
Besutti P.
2022-01-01
Abstract
Lo studio della formazione musicale nel Meridione d’Italia incrocia necessariamente la figura di Saverio Mattei (Montepaone, Catanzaro, 1742 – Napoli, 1795). Studiato, soprattutto dagli anni Ottanta del Novecento in poi, non solo dal punto di vista biografico e filosofico, ma anche per la sua posizione sulla drammaturgia metastasiana, per i rapporti con padre Martini, per il suo Socrate immaginario, per le idee sui maestri di cappella e per la creazione della biblioteca della Pietà dei Turchini, Mattei non cessa di offrire agli studiosi materia di riflessione. La sua vasta produzione poetica e letteraria, fusa con l’impegno militante su vari fronti della cultura teatrale, musicale e organologica, oltre che pregnante in sé, costituisce una fonte per significative comparazioni sincroniche con quanto si andava elaborando e realizzando in centri lontani da Napoli in materia di formazione musicale. "Dell’utilità o inutilità delle accademie" (1775), suo scritto tra i meno studiati, costituisce in tale prospettiva un caso emblematico. Solo apparentemente lontana da temi di interesse educativo e musicale, tale dissertazione rappresenta invece un interessante terreno di confronto fra diverse istanze, relative al ruolo formativo diretto e indiretto delle accademie e dei teatri in Italia tra gli anni Sessanta e Ottanta del Settecento.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.