L’inventario delle più o meno recenti contaminazioni tra l’opera dantesca e le arti performative (teatro, danza, musica) è impresa non facile né veloce, dato il considerevole numero di titoli da considerare, che alimentano peraltro una parallela proliferazione di interessanti studi che criticamente si interrogano sulle mutate condizioni di produzione e circolazione dei contenuti culturali nel contesto dell’odierna società delle comunicazioni tecnologicamente mediate. Gli attuali apparati tecnici di registrazione e comunicazione da un lato rivitalizzano la dimensione orale, ma dall’altro producono anche un formidabile rafforzamento della scrittura, dal momento che hanno la capacità di fissare su supporti stabili (come fa la scrittura con la parola) qualcosa che è per sua natura transitorio, dinamico, temporalmente impermanente come il suono (verbale o musicale) e il movimento (cioè a dire i “materiali di costruzione” delle arti performative). Il saggio intende allora fornire una cornice teorico-metodologica appunto centrata sulla nozione di performance che si sta progressivamente ritagliando una decisa centralità negli studi umanistici. Perché? I motivi sono molteplici e diversificati, ma uno dei più importanti va rinvenuto nel fatto che pensare le arti in termini performativi/performatici consente di cogliere e comprendere, in una prospettiva originale e fertile, la base comune alle arti che un tempo chiamavamo “sceniche” (teatro, danza, musica), alla letteratura e anche ai nuovi formati narrativi mediali/digitali. Si tratta dunque di mettere a fuoco quella che propongo di chiamare la dimensione performatica delle arti.

"Nihil aliud… quam actio completa”. Le fonti performatiche delle materie narrative, poetiche, letterarie

Fabrizio Deriu
2023-01-01

Abstract

L’inventario delle più o meno recenti contaminazioni tra l’opera dantesca e le arti performative (teatro, danza, musica) è impresa non facile né veloce, dato il considerevole numero di titoli da considerare, che alimentano peraltro una parallela proliferazione di interessanti studi che criticamente si interrogano sulle mutate condizioni di produzione e circolazione dei contenuti culturali nel contesto dell’odierna società delle comunicazioni tecnologicamente mediate. Gli attuali apparati tecnici di registrazione e comunicazione da un lato rivitalizzano la dimensione orale, ma dall’altro producono anche un formidabile rafforzamento della scrittura, dal momento che hanno la capacità di fissare su supporti stabili (come fa la scrittura con la parola) qualcosa che è per sua natura transitorio, dinamico, temporalmente impermanente come il suono (verbale o musicale) e il movimento (cioè a dire i “materiali di costruzione” delle arti performative). Il saggio intende allora fornire una cornice teorico-metodologica appunto centrata sulla nozione di performance che si sta progressivamente ritagliando una decisa centralità negli studi umanistici. Perché? I motivi sono molteplici e diversificati, ma uno dei più importanti va rinvenuto nel fatto che pensare le arti in termini performativi/performatici consente di cogliere e comprendere, in una prospettiva originale e fertile, la base comune alle arti che un tempo chiamavamo “sceniche” (teatro, danza, musica), alla letteratura e anche ai nuovi formati narrativi mediali/digitali. Si tratta dunque di mettere a fuoco quella che propongo di chiamare la dimensione performatica delle arti.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/130261
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