Le vicende degli anarchici italiani nella seconda parte del novecento sono fortemente inserite nelle vicende nazionali ed internazionali che accompagnano il secondo Novecento; fatto che permette di definire non solo la cornice entro la quale si iscrive il movimento, ma anche i percorsi seguiti dalle tante storie individuali e collettive che lo compongono e di cui Umanità Nova ne rappresenta una parte significativa. In tal senso è importante sottolineare il ruolo che il giornale ha assunto (nel quadro della stampa anarchica e libertaria, ma anche per quanto riguarda il giornalismo politico a livello nazionale) dal 1920 in avanti. Un giornale che ha attraversato molte stagioni, in ognuna delle quali ha rappresentato ed autorappresentato il ruolo degli anarchici italiani. Stagioni che rappresentano un passaggio di tempo all’interno del quale scorre il percorso di Umanità Nova da una triplice dimensione (quella interna al movimento, quella nazionale e quella internazionale, fra loro strettamente connesse nella radicale trasformazione della società occidentale dopo il 1945), contrassegnando il persistere pervicace della testata nel panorama giornalistico italiano e nella storia politica degli anni repubblicani. In questo arco di tempo il giornale ha poi assunto una funzione pedagogica e formativa, che ha cercato di tener conto del mutare degli scenari interni ed internazionali, rispetto ad una continuità di lungo periodo e ad una difesa della tradizione e del pensiero libertari. Siamo quindi di fronte ad uno dei protagonisti di quegli anni: non certo l’unica testata del movimento, ma sicuramente quella che ha attraversato quegli anni, ne ha raccolto i frutti, ne ha sfiorato i temi, ne ha criticato gli sviluppi, fornendo una rappresentazione di una parte dei libertari italiani ma divenendone, al tempo stesso, una delle fonti privilegiate. Questo intervento copre gli anni dal 1948 al 1965 puntando su due delle possibili dimensioni di analisi: il quadro internazionale e quello nazionale. Si concentra altresì sulle posizioni assunte rispetto alla guerra fredda (in particolare rispetto agli USA ed all’URSS) ed alla libertà dei popoli tenendo conto gli sforzi compiuti per collegarsi nuovamente a livello internazionale con gli altri movimenti anarchici; e sulle posizioni assunte rispetto ai temi dell’astensionismo/continuità dello Stato, e sulla questione agricola bracciantile nel passaggio rappresentato dai processi di modernizzazione al cui interno si collocano il boom economico, e la grande trasformazione italiana con il mutar della composizione classe operaia. In entrambi i casi si è posto al centro della ricostruzione, la posizione di Umanità Nova intesa come rappresentativa di almeno una parte del movimento.

Le stagioni di un giornale. Umanità Nova. 1946-1965. Alcuni snodi del dopoguerra nell’auto-rappresentazione libertaria

P. Iuso;
2022-01-01

Abstract

Le vicende degli anarchici italiani nella seconda parte del novecento sono fortemente inserite nelle vicende nazionali ed internazionali che accompagnano il secondo Novecento; fatto che permette di definire non solo la cornice entro la quale si iscrive il movimento, ma anche i percorsi seguiti dalle tante storie individuali e collettive che lo compongono e di cui Umanità Nova ne rappresenta una parte significativa. In tal senso è importante sottolineare il ruolo che il giornale ha assunto (nel quadro della stampa anarchica e libertaria, ma anche per quanto riguarda il giornalismo politico a livello nazionale) dal 1920 in avanti. Un giornale che ha attraversato molte stagioni, in ognuna delle quali ha rappresentato ed autorappresentato il ruolo degli anarchici italiani. Stagioni che rappresentano un passaggio di tempo all’interno del quale scorre il percorso di Umanità Nova da una triplice dimensione (quella interna al movimento, quella nazionale e quella internazionale, fra loro strettamente connesse nella radicale trasformazione della società occidentale dopo il 1945), contrassegnando il persistere pervicace della testata nel panorama giornalistico italiano e nella storia politica degli anni repubblicani. In questo arco di tempo il giornale ha poi assunto una funzione pedagogica e formativa, che ha cercato di tener conto del mutare degli scenari interni ed internazionali, rispetto ad una continuità di lungo periodo e ad una difesa della tradizione e del pensiero libertari. Siamo quindi di fronte ad uno dei protagonisti di quegli anni: non certo l’unica testata del movimento, ma sicuramente quella che ha attraversato quegli anni, ne ha raccolto i frutti, ne ha sfiorato i temi, ne ha criticato gli sviluppi, fornendo una rappresentazione di una parte dei libertari italiani ma divenendone, al tempo stesso, una delle fonti privilegiate. Questo intervento copre gli anni dal 1948 al 1965 puntando su due delle possibili dimensioni di analisi: il quadro internazionale e quello nazionale. Si concentra altresì sulle posizioni assunte rispetto alla guerra fredda (in particolare rispetto agli USA ed all’URSS) ed alla libertà dei popoli tenendo conto gli sforzi compiuti per collegarsi nuovamente a livello internazionale con gli altri movimenti anarchici; e sulle posizioni assunte rispetto ai temi dell’astensionismo/continuità dello Stato, e sulla questione agricola bracciantile nel passaggio rappresentato dai processi di modernizzazione al cui interno si collocano il boom economico, e la grande trasformazione italiana con il mutar della composizione classe operaia. In entrambi i casi si è posto al centro della ricostruzione, la posizione di Umanità Nova intesa come rappresentativa di almeno una parte del movimento.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11575/117678
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