Lucio Campiani (Mantova, Frassine di S. Giorgio, 16 settembre 1822 – Mantova, 4 novembre 1914) fu testimone e artefice della vita musicale mantovana del secondo Ottocento e del primo Novecento. Figlio d'arte, apprezzato e pluripremiato allievo del Liceo musicale di Bologna (1840-45), precoce socio onorario della prestigiosa Reale Accademia Filarmonica bolognese (1845), conclusi gli studi tornò a Mantova. In stretta contemporaneità con la ‘trilogia popolare’ (1851-1853) di Giuseppe Verdi , tentò con qualche iniziale successo la carriera di compositore d’opera (1852-1857), che lasciò (1857). Da allora non vi fu carica o istituzione pubblica o privata mantovana, legata alla musica, che non lo vide coinvolto, direttamente o indirettamente. La sua operosa longevità apre numerose prospettive interpretative che, anche a livello comparativo, possono contribuire a comprendere un’epoca di profondi mutamenti politici, sociali e musicali. Il contributo si sofferma sulla percezione che si ebbe di lui come musicista e come uomo all’indomani della sua scomparsa e, in stretta connessione, sul confronto con l’ingombrante eredità rossiniana. Con il supporto di documenti e testimonianze, la narrazione abbraccia il primo anno successivo alla sua morte.
‘Un tempo lontano ha avuto un raggio di fortuna’: luci e ombre sulle commemorazioni per Lucio Campiani
Besutti P.
2020-01-01
Abstract
Lucio Campiani (Mantova, Frassine di S. Giorgio, 16 settembre 1822 – Mantova, 4 novembre 1914) fu testimone e artefice della vita musicale mantovana del secondo Ottocento e del primo Novecento. Figlio d'arte, apprezzato e pluripremiato allievo del Liceo musicale di Bologna (1840-45), precoce socio onorario della prestigiosa Reale Accademia Filarmonica bolognese (1845), conclusi gli studi tornò a Mantova. In stretta contemporaneità con la ‘trilogia popolare’ (1851-1853) di Giuseppe Verdi , tentò con qualche iniziale successo la carriera di compositore d’opera (1852-1857), che lasciò (1857). Da allora non vi fu carica o istituzione pubblica o privata mantovana, legata alla musica, che non lo vide coinvolto, direttamente o indirettamente. La sua operosa longevità apre numerose prospettive interpretative che, anche a livello comparativo, possono contribuire a comprendere un’epoca di profondi mutamenti politici, sociali e musicali. Il contributo si sofferma sulla percezione che si ebbe di lui come musicista e come uomo all’indomani della sua scomparsa e, in stretta connessione, sul confronto con l’ingombrante eredità rossiniana. Con il supporto di documenti e testimonianze, la narrazione abbraccia il primo anno successivo alla sua morte.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.