Il saggio considera che la libertà di coscienza non risulta espressamente prevista come diritto costituzionale e ne indaga le ragioni. Pone la questione della valenza dell’obiezione di coscienza quale strumento di integrazione nel contesto della mescolanza delle genti provocata dal fenomeno delle migrazioni di massa. Analizza la scaturigine storica, filosofica e religiosa del diritto all’obiezione di coscienza e considera l’evoluzione del concetto che lo conduce a proteggere il convincimento interiore, comunque formatosi. Valuta come intrinsecamente problematico il riconoscimento di un diritto all’obiezione di coscienza fondato in tali termini e considera che nell’ordinamento italiano il diritto all’obiezione viene visto dalla giurisprudenza in opposizione al principio dell’eguale soggezione alla legge. Analizza le forme di obiezione positivamente riconosciute nell’ordinamento e pone in evidenza gli elementi che distinguono le une dalle altre. Espone la tesi che le più recenti forme di obiezione risultano fondate non tanto sul riconoscimento generalizzato di una sfera intangibile di autonomia del singolo, quanto piuttosto sul difetto di un sentire comune in ordine al diritto dello Stato di prescrivere come obbligatoria la condotta che costituisce oggetto dell’obiezione. Conclude che il diritto all’obiezione di coscienza, pur se riconosciuto come prerogativa del singolo, risulta direttamente innestato sul fenomeno del pluralismo sociale, e che tale carattere dell’istituto costituisce ad un tempo il fondamento ed il limite per il suo utilizzo in chiave di integrazione dei gruppi sociali determinati dal fenomeno migratorio

Considerazioni sul diritto all'obiezione di coscienza come strumento di integrazione

BERTOLINI, Francesco Saverio
2014-01-01

Abstract

Il saggio considera che la libertà di coscienza non risulta espressamente prevista come diritto costituzionale e ne indaga le ragioni. Pone la questione della valenza dell’obiezione di coscienza quale strumento di integrazione nel contesto della mescolanza delle genti provocata dal fenomeno delle migrazioni di massa. Analizza la scaturigine storica, filosofica e religiosa del diritto all’obiezione di coscienza e considera l’evoluzione del concetto che lo conduce a proteggere il convincimento interiore, comunque formatosi. Valuta come intrinsecamente problematico il riconoscimento di un diritto all’obiezione di coscienza fondato in tali termini e considera che nell’ordinamento italiano il diritto all’obiezione viene visto dalla giurisprudenza in opposizione al principio dell’eguale soggezione alla legge. Analizza le forme di obiezione positivamente riconosciute nell’ordinamento e pone in evidenza gli elementi che distinguono le une dalle altre. Espone la tesi che le più recenti forme di obiezione risultano fondate non tanto sul riconoscimento generalizzato di una sfera intangibile di autonomia del singolo, quanto piuttosto sul difetto di un sentire comune in ordine al diritto dello Stato di prescrivere come obbligatoria la condotta che costituisce oggetto dell’obiezione. Conclude che il diritto all’obiezione di coscienza, pur se riconosciuto come prerogativa del singolo, risulta direttamente innestato sul fenomeno del pluralismo sociale, e che tale carattere dell’istituto costituisce ad un tempo il fondamento ed il limite per il suo utilizzo in chiave di integrazione dei gruppi sociali determinati dal fenomeno migratorio
2014
978-88-6342-621-1
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