Giacomo Antonio Marta nacque a Napoli, il 20 febbraio 1559. Formatosi sia negli studi giuridici che in quelli filosofici, esordì nel 1578 con la pubblicazione di opuscoli che si inserivano nella polemica sulla immortalità dell’anima agitata dagli “alessandristi” per poi rivolgersi, tra il 1581 ed il 1587, contro le dottrine naturalistiche di Bernardino Telesio; cosa che gli procurò l’avversione di Tommaso Campanella, che ne contestò le tesi nella sua prima opera edita, la Philosophia sensibus demonstrata. Portatosi a Roma nel 1584, vi eserciò la professione forense come avvocato della Curia sotto la protezione del Cardinale Luigi d’Este. Qui il Marta compose, nel 1588, il suo primo trattato di argomento giuridico, il Tractatus de auctoritate Rotae, pubblicato nel 1589 in una versione differente sotto il titolo di Tractatus de tribunalibus Urbis et eorum praeventionibus. In esso il Marta esprimeva posizioni prettamente curialiste nel dibattito giurisdizionalista, assai vivo in quel periodo. Dopo un incarico di docenza alla Sapienza, si portò a Pisa, dove insegnò fra il 1597 ed il 1603. Tornato a Roma, nel 1609 pubblicò il Tractatus de iurisdictione, che però fu posto all’indice, forse per alcune affermazioni che finivano con il restringere l’ambito della giurisdizione ecclesiastica, o forse per altre, in contrasto con quelle schiettamente curialiste del De auctoritate Rotae, dove l’autore lasciava intendere la diretta derivazione da Dio del potere laico. In rotta con la corte romana, il Marta fu a Padova negli anni dal 1611 al 1621. Nello Studio insegnò diritto civile e canonico ed ebbe contatti con l’ambiente protestante di Paolo Sarpi e Cesare Cremonini. Fu anche, tra il 1612 ed il 1615, informatore dell’ambasciatore inglese Dudley Carleton, al quale passava notizie provenienti dalla corte di Roma; e sostenne la politica di Giacomo I d’Inghilterra con una Supplicatio ad Imperatorem, Reges, Principes, pubblicata sotto lo pseudonimo di “Novus homo”, in cui invocava la convocazione di un concilio per purificare la Chiesa di Roma dalla nefasta influenza di Paolo V. A Padova completò la raccolta di decisiones nota con il titolo di Digesta novissima, che fu data alle stampe a Venezia nel 1620: si tratta della sua principale opera giuridica. Fra il 1622 ed il 1625 fu quindi a Pavia, poi a Mantova, tra il 1625 ed il 1629, dove morì.[...]

Un giurista nel “secolo di ferro”: Giacomo Antonio Marta (1559-1629)

ROGGERO, Federico
2008-01-01

Abstract

Giacomo Antonio Marta nacque a Napoli, il 20 febbraio 1559. Formatosi sia negli studi giuridici che in quelli filosofici, esordì nel 1578 con la pubblicazione di opuscoli che si inserivano nella polemica sulla immortalità dell’anima agitata dagli “alessandristi” per poi rivolgersi, tra il 1581 ed il 1587, contro le dottrine naturalistiche di Bernardino Telesio; cosa che gli procurò l’avversione di Tommaso Campanella, che ne contestò le tesi nella sua prima opera edita, la Philosophia sensibus demonstrata. Portatosi a Roma nel 1584, vi eserciò la professione forense come avvocato della Curia sotto la protezione del Cardinale Luigi d’Este. Qui il Marta compose, nel 1588, il suo primo trattato di argomento giuridico, il Tractatus de auctoritate Rotae, pubblicato nel 1589 in una versione differente sotto il titolo di Tractatus de tribunalibus Urbis et eorum praeventionibus. In esso il Marta esprimeva posizioni prettamente curialiste nel dibattito giurisdizionalista, assai vivo in quel periodo. Dopo un incarico di docenza alla Sapienza, si portò a Pisa, dove insegnò fra il 1597 ed il 1603. Tornato a Roma, nel 1609 pubblicò il Tractatus de iurisdictione, che però fu posto all’indice, forse per alcune affermazioni che finivano con il restringere l’ambito della giurisdizione ecclesiastica, o forse per altre, in contrasto con quelle schiettamente curialiste del De auctoritate Rotae, dove l’autore lasciava intendere la diretta derivazione da Dio del potere laico. In rotta con la corte romana, il Marta fu a Padova negli anni dal 1611 al 1621. Nello Studio insegnò diritto civile e canonico ed ebbe contatti con l’ambiente protestante di Paolo Sarpi e Cesare Cremonini. Fu anche, tra il 1612 ed il 1615, informatore dell’ambasciatore inglese Dudley Carleton, al quale passava notizie provenienti dalla corte di Roma; e sostenne la politica di Giacomo I d’Inghilterra con una Supplicatio ad Imperatorem, Reges, Principes, pubblicata sotto lo pseudonimo di “Novus homo”, in cui invocava la convocazione di un concilio per purificare la Chiesa di Roma dalla nefasta influenza di Paolo V. A Padova completò la raccolta di decisiones nota con il titolo di Digesta novissima, che fu data alle stampe a Venezia nel 1620: si tratta della sua principale opera giuridica. Fra il 1622 ed il 1625 fu quindi a Pavia, poi a Mantova, tra il 1625 ed il 1629, dove morì.[...]
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