Prendendo spunto da una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il commento affronta il tema del risarcimento dei danni causati dal ritardo della Pubblica Amministrazione. Si ricostruisce la nozione di danno da ritardo della P.A. nelle sue diverse accezioni, con particolare riguardo alla differenza tra danno “da impedimento” (mancata soddisfazione tempestiva dell’interesse sostanziale del privato) e danno “da incertezza” o “da mero ritardo” (connesso alla violazione del termine di conclusione del procedimento indipendentemente dal profilo sostanziale), ricostruendo la posizione della giurisprudenza maggioritaria, favorevole alla risarcibilità solo in caso di spettanza del bene della vita. In contrasto con l’orientamento prevalente, la sentenza in commento prende posizione, sia pure in un obiter dictum, a favore della risarcibilità del danno “da mero ritardo”, derivante cioè dall’essere tenuti per un tempo indeterminato in uno stato di incertezza sulle future decisioni amministrative, senza poter regolare e programmare i propri affari. L’idea che questo mutamento di indirizzo possa essere fondato sull’art. 2-bis della l. n. 241 del 1990, introdotto con l. n. 69 del 2009, viene criticata. Il riconoscimento della risarcibilità del danno da mero ritardo o da incertezza appare, più che il portato dell’art. 2-bis, che rimane suscettibile di diverse interpretazioni, il frutto del superamento, ad opera di dottrina e giurisprudenza, della tesi secondo la quale è danno ingiusto risarcibile soltanto il danno connesso alla lesione dell’interesse al bene della vita correlato all’interesse legittimo. La necessità di costruire la pretesa al rispetto del termine come situazione diversa dall’interesse legittimo al fine di affermarne l’autonoma risarcibilità si pone solo in quanto si concepisca l’interesse legittimo come situazione avente ad oggetto direttamente il bene della vita sul quale si esercita il potere amministrativo. Se invece si accoglie una concezione strumentale dell’interesse legittimo, come situazione dotata di una rilevanza giuridica indipendente dalla logica della “spettanza”, si può ricondurre l’interesse all’adozione tempestiva del provvedimento nell’alveo dell’interesse legittimo e contestualmente predicarne la piena e autonoma tutela risarcitoria.

Risarcimento del danno "da mero ritardo" e situazioni giuridiche soggettive

D'ANTONIO, SIMONA
2011-01-01

Abstract

Prendendo spunto da una sentenza del Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, il commento affronta il tema del risarcimento dei danni causati dal ritardo della Pubblica Amministrazione. Si ricostruisce la nozione di danno da ritardo della P.A. nelle sue diverse accezioni, con particolare riguardo alla differenza tra danno “da impedimento” (mancata soddisfazione tempestiva dell’interesse sostanziale del privato) e danno “da incertezza” o “da mero ritardo” (connesso alla violazione del termine di conclusione del procedimento indipendentemente dal profilo sostanziale), ricostruendo la posizione della giurisprudenza maggioritaria, favorevole alla risarcibilità solo in caso di spettanza del bene della vita. In contrasto con l’orientamento prevalente, la sentenza in commento prende posizione, sia pure in un obiter dictum, a favore della risarcibilità del danno “da mero ritardo”, derivante cioè dall’essere tenuti per un tempo indeterminato in uno stato di incertezza sulle future decisioni amministrative, senza poter regolare e programmare i propri affari. L’idea che questo mutamento di indirizzo possa essere fondato sull’art. 2-bis della l. n. 241 del 1990, introdotto con l. n. 69 del 2009, viene criticata. Il riconoscimento della risarcibilità del danno da mero ritardo o da incertezza appare, più che il portato dell’art. 2-bis, che rimane suscettibile di diverse interpretazioni, il frutto del superamento, ad opera di dottrina e giurisprudenza, della tesi secondo la quale è danno ingiusto risarcibile soltanto il danno connesso alla lesione dell’interesse al bene della vita correlato all’interesse legittimo. La necessità di costruire la pretesa al rispetto del termine come situazione diversa dall’interesse legittimo al fine di affermarne l’autonoma risarcibilità si pone solo in quanto si concepisca l’interesse legittimo come situazione avente ad oggetto direttamente il bene della vita sul quale si esercita il potere amministrativo. Se invece si accoglie una concezione strumentale dell’interesse legittimo, come situazione dotata di una rilevanza giuridica indipendente dalla logica della “spettanza”, si può ricondurre l’interesse all’adozione tempestiva del provvedimento nell’alveo dell’interesse legittimo e contestualmente predicarne la piena e autonoma tutela risarcitoria.
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