Il saggio propone una riflessione sulla trasformazione della memoria culturale e della scrittura del ricordo che la rivoluzione tecnologica digitale ha contribuito a generare nel mondo contemporaneo. Reti di comunicazioni sempre più fitte collegano le regioni più distanti. La radio e la televisione trasmettono i loro programmi via satellite, in tutto il mondo, alla velocità del pensiero e senza pausa. La capacità di archiviazione dei nuovi elaboratori fa saltare i confini della memoria culturale. Il flusso delle immagini televisive rende obsoleta la scrittura come principale metafora della memoria; le nuove tecnologie informatiche si basano su un diverso tipo di scrittura, quella digitale, che nella sua forma fluida non ha più nulla a che fare con la vecchia gestualità dello scrivere e non mette più a fuoco la differenza fra ricordo e oblio. Il discorso si sviluppa intorno ad alcuni esempi tratti dalla narrativa contemporanea inglese e anglo-americana che si incentrano sull’idea di archivio e sui meccanismi che contribuiscono alla sua creazione o negazione. Da "The Handmaid's Tale" (1985) di Margaret Atwood, in cui i ricordi del vecchio mondo libero che riaffiorano nella protagonista vengono segretamente registrati su nastri magnetici per sfuggire alla censura di un regime totalitario che condanna la memoria, e poi decifrati e reinterpretati centinaia di anni più tardi da un archivista dell’università di Cambridge; a "Galatea 2.2" (1995) di Richard Powers, una versione computerizzata del mito di Pigmalione in cui l’opera d’arte viene sostituita da un computer progettato per imitare la mente umana e destinato ad imparare in dieci mesi la letteratura; a "The Powerbook" (2000) di Jeanette Winterson che racchiude, nell’infrastruttura di un computer e delle sue funzioni di creazione e memorizzazione, passato, presente e futuro, tra narrazioni che prendono vita e personaggi della storia che alla vita ritornano.

L'eredità di Mnemosine. Tecnologie della scrittura e della memoria nella letteratura contemporanea

RUGGIERO, ALESSANDRA
2009-01-01

Abstract

Il saggio propone una riflessione sulla trasformazione della memoria culturale e della scrittura del ricordo che la rivoluzione tecnologica digitale ha contribuito a generare nel mondo contemporaneo. Reti di comunicazioni sempre più fitte collegano le regioni più distanti. La radio e la televisione trasmettono i loro programmi via satellite, in tutto il mondo, alla velocità del pensiero e senza pausa. La capacità di archiviazione dei nuovi elaboratori fa saltare i confini della memoria culturale. Il flusso delle immagini televisive rende obsoleta la scrittura come principale metafora della memoria; le nuove tecnologie informatiche si basano su un diverso tipo di scrittura, quella digitale, che nella sua forma fluida non ha più nulla a che fare con la vecchia gestualità dello scrivere e non mette più a fuoco la differenza fra ricordo e oblio. Il discorso si sviluppa intorno ad alcuni esempi tratti dalla narrativa contemporanea inglese e anglo-americana che si incentrano sull’idea di archivio e sui meccanismi che contribuiscono alla sua creazione o negazione. Da "The Handmaid's Tale" (1985) di Margaret Atwood, in cui i ricordi del vecchio mondo libero che riaffiorano nella protagonista vengono segretamente registrati su nastri magnetici per sfuggire alla censura di un regime totalitario che condanna la memoria, e poi decifrati e reinterpretati centinaia di anni più tardi da un archivista dell’università di Cambridge; a "Galatea 2.2" (1995) di Richard Powers, una versione computerizzata del mito di Pigmalione in cui l’opera d’arte viene sostituita da un computer progettato per imitare la mente umana e destinato ad imparare in dieci mesi la letteratura; a "The Powerbook" (2000) di Jeanette Winterson che racchiude, nell’infrastruttura di un computer e delle sue funzioni di creazione e memorizzazione, passato, presente e futuro, tra narrazioni che prendono vita e personaggi della storia che alla vita ritornano.
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