L’investimento in attività innovative si configura come uno dei maggiori driver per accrescere la capacità di un paese di competere a livello internazionale dal momento che, attraverso l’accrescimento del know-how delle imprese, l’introduzione di nuovi beni e servizi sul mercato, il cambiamento dei paradigmi organizzativi all’interno delle aziende, consente a tutto il sistema economico di “spostare l’asticella verso l’alto”, in modo che la struttura imprenditoriale possa compiere quel salto di qualità che le permetta di rimanere competitiva sui mercati. La bassa propensione ad innovare avrebbe in qualche modo fer-mato le nostre capacità tecniche a qualche anno fa, e questo in un momento nel quale, al contrario, sarebbe necessario effettuare un balzo in avanti proprio in senso qualitativo (e, dunque, anche in termini di progresso tecnico) al fine di ritagliarsi il giusto spazio all’interno dei nuovi equilibri geo-economici mondiali, stravolti dal massiccio ingresso dei giganti asiatici. Come già rilevato in un precedente lavoro «sembra, in sostanza, che il Paese abbia raggiunto il massimo ottenibile dall’attuale livello tecnologico e di conoscenze, rimanendo destinato ad un futuro di sostanziale bassa crescita in mancanza di quella spinta che possa consentire uno spostamento verso l’alto della propria frontiera della tecnologia».

L’innovazione nelle imprese italiane: aspetti strutturali e divari territoriali

CICCARELLI, Andrea
2010-01-01

Abstract

L’investimento in attività innovative si configura come uno dei maggiori driver per accrescere la capacità di un paese di competere a livello internazionale dal momento che, attraverso l’accrescimento del know-how delle imprese, l’introduzione di nuovi beni e servizi sul mercato, il cambiamento dei paradigmi organizzativi all’interno delle aziende, consente a tutto il sistema economico di “spostare l’asticella verso l’alto”, in modo che la struttura imprenditoriale possa compiere quel salto di qualità che le permetta di rimanere competitiva sui mercati. La bassa propensione ad innovare avrebbe in qualche modo fer-mato le nostre capacità tecniche a qualche anno fa, e questo in un momento nel quale, al contrario, sarebbe necessario effettuare un balzo in avanti proprio in senso qualitativo (e, dunque, anche in termini di progresso tecnico) al fine di ritagliarsi il giusto spazio all’interno dei nuovi equilibri geo-economici mondiali, stravolti dal massiccio ingresso dei giganti asiatici. Come già rilevato in un precedente lavoro «sembra, in sostanza, che il Paese abbia raggiunto il massimo ottenibile dall’attuale livello tecnologico e di conoscenze, rimanendo destinato ad un futuro di sostanziale bassa crescita in mancanza di quella spinta che possa consentire uno spostamento verso l’alto della propria frontiera della tecnologia».
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